di Andrea Lisi (*)
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(saggio aggiornato con le ultime novità in materia di posta “certificata”)
Fa bene a volte rileggere alcuni passi della letteratura e provare a reinterpretarli alla luce delle innovazioni tecnologiche che travolgono tutte le nostre certezze sociali, economiche, giuridiche. E così alcune suggestive parole di Baldassarre Castiglione (1) sul significato dello “scritto” assumono sfumature nuove, innovative e impensate per il periodo in cui sono state elaborate dall’autore: “lo scrivere non è altro che una forma di parlare, che resta ancor poi che l’uomo ha parlato; e quasi un’immagine, o più presto vita delle parole; e però nel parlare, il qual, subito uscita che è la voce, si disperde, son forse tollerabili alcune cose che non sono nello scrivere”…voler ancora ritenere che la manifestazione di volontà contenuta in un messaggio di posta elettronica possa non essere ricondotta giuridicamente alla “forma scritta” fa sorridere un po’ se si riflette sulla forza evocativa e poetica di certe parole…
In verità, il recente animato dibattito sul valore formale dell’e-mail quale documento “scritto” ai sensi del novellato art. 10 DPR 445/2000(2), andrebbe più correttamente analizzato alla luce dell’evoluzione e crisi della sottoscrizione autografa nel commercio internazionale e nel commercio internazionale elettronico.
Le contrattazioni moderne, infatti, da tempo utilizzano in maniera sempre più consueta documenti dichiarativi non sottoscritti, frutto delle innovazioni in campo “meccanico” o “telematico” (dal telegramma al telex, fino al telefax e alla electronic mail)(3). Questo fenomeno globale imposto dagli scambi commerciali internazionali è stato più volte definito in dottrina come “crisi della sottoscrizione” e “aformalismo della macroeconomia” (4).
Con la “virtualizzazione” dell’accordo telematico il sistema tradizionale legato alla visione del documento - quale res rappresentativa di un fatto (5), imputabile giuridicamente attraverso la sottoscrizione – è entrato irrimediabilmente in crisi e si è pertanto reso indispensabile trovare nuove nozioni più elastiche di documento che tenessero conto delle innovazioni della prassi e rendessero giuridicamente ammissibili le moderne tecniche di attribuzione della paternità dello “scritto”, prescindendo dai meccanismi tipici legati alla sottoscrizione. Si è arrivati, così, alle suggestive e “futuribili” conclusioni di chi si è spinto ad affermare che “il flusso degli elettroni nel computer è il nuovo inchiostro, i bits il nuovo alfabeto e la memoria della macchina la nuova carta” (6) o ancora che “la scrittura è un concetto ampio comprendente qualsiasi dichiarazione incorporata in un supporto materiale destinato a durare nel tempo. Non contano né il tipo di alfabeto né il tipo di supporto.” (7)
In questo modo, il documento informatico diventa documento scritto, a prescindere dal supporto che lo contiene.(8)
“La parola dell'uomo deve viaggiare presto e lontano, e non può portare a lungo con sé il fardello della sottoscrizione autografa. La tecnologia fornisce mezzi sempre più semplici ed economici per realizzare questo fine: dapprima il telefax, poi i testi elaborati in forma digitale attraverso programmi che girano su personal computer e viaggiano con la posta elettronica ed Internet”. (9)
Ovviamente la parificazione di un documento informatico, come l’e-mail, alla “forma scritta” pone problemi innegabili e simili a quelli già noti relativi alla rilevanza formale e probatoria di telefax e telegramma o telex (profili probatori di avvenuta trasmissione e ricezione per il primo, mancanza di sottoscrizione per i secondi). (10)
Problematiche queste che riguardano, quindi, i profili probatori di tali documenti e non la loro natura formale di “documento scritto” e che vengono a cadere e ad evaporare pressate dalle esigenze della pratica contrattuale internazionale e dell’aformalismo nella negoziazione tra privati. Problematiche che vanno risolte probabilmente in maniera diversa rispetto alle certezze dogmatiche della “tradizione” e cercando di tenere separati gli ambiti legati alle esigenze di “certificazione”, tipici dei rapporti della P.A., da quelli dell’e-commerce internazionale. (11).
Una conferma a questo ragionamento la si ritrova nelle più sofisticate e importanti elaborazioni dottrinali in materia di contrattualistica comunitaria e internazionale: The Principles Of European Contract Law 2002 (12) e The UNIDROIT Principles of International Commercial Contracts (13). I Principi UNIDROIT pubblicati nel 1994 e i Principi di diritto europeo dei contratti (PECL) possono essere considerati come il più prestigioso e riuscito “esperimento di codificazione” di un emergente regime giuridico sovranazionale e comunitario delle “transazioni” internazionali (14).
L’obiettivo è stato quello di individuare i principi comuni alla maggior parte dei sistemi giuridici esistenti e di elaborare una normativa anazionale applicabile ai contratti internazionali e comunitari “che potesse semplificare i rapporti giuridici che coinvolgono, per loro natura, più ordinamenti che spesso sono molto diversi fra loro”. (15)
I PECL e i Principi UNIDROIT sono stati elaborati quasi contemporaneamente da membri delle due commissioni di redazione in parte identici (in seno all’Unione Europea (16) e nell’ambito dell’UNIDROIT – International Institute for the Unification of Private Law) e le norme di cui gli uni e gli altri sono costituiti sono risultate in buona parte uguali nella sostanza: l’unica rilevante differenza è che mentre Principi Unidroit mirano a creare un quadro comune nella prassi commerciale internazionale (e sono molto utilizzati nella contrattazione internazionale e, quindi, ben conosciuti nei lodi arbitrali internazionali), i Principi PECL, invece, si rivolgono più genericamente ai contratti “civili”. (17)
Fatte queste dovute premesse sui PECL e sui Principi UNIDROIT, verifichiamo come questi prestigiosi regimi giuridici “anazionali” hanno risolto la particolare problematica della “forma scritta” nelle dichiarazioni contrattuali.
Nell’art. 1.10 Definitions dei Principi UNIDROIT si legge testualmente: in these Principles “writing” means any mode of communication that preserves a record of the information contained therein and is capable of being reproduced in tangible form. Quindi per “forma scritta” si intende qualsiasi forma di comunicazione che conservi la documentazione delle informazioni contenute e sia riproducibile in forma tangibile. (18) Non si fa alcun cenno, quindi, alla sottoscrizione, in piena adesione a principi internazionali ormai universalmente riconosciuti e resi evidenti nella Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci (Convenzione delle Nazioni Unite dell’11 aprile 1980), nella quale si includono nella nozione dello “scritto” tutte le comunicazioni, anche quelle a mezzo telegrafo e fax (art. 13 della Convenzione). Nel commento “ufficiale”(19) ai Principi Unidrot, infatti, si legge “a writing includes not only a telegram and a telex, but also any other mode of communication that preserves a record and can be reproduced in tangible form”.
Altrettanto espliciti sono i PECL, i quali all’art 1.301 (ex art. 1.105) - Meaning of Terms punto 6) espressamente affermano che “written” statements include communications made by telegram, telex, telefax and electronic mail and other means of communication capable of providing a readable record of the statement on both sides; anche in questo caso, la forma “scritta” si intende riferita ai telegrammi, telex, telefax, posta elettronica e ogni altro strumento di comunicazione in grado di produrre un documento suscettibile di lettura dall’una e dall’altra parte. (20)
Ma come si possono piegare alle esigenze della prassi commerciale le tradizioni giuridiche basate sul documento cartaceo che “appartiene” da sempre ad un soggetto solo se da questi sottoscritto? Come già spiegato in altre occasioni (21), l’appartenenza del documento, cartaceo o informatico che sia, è stata individuata attraverso altri meccanismi, legati maggiormente all’innovazione tecnologica, a quel senso di appartenenza nuovo che si trova nel potere di gestione dello strumento di trasmissione ed è assolutamente slegato dalle ragioni di sicurezza e, quindi, di “evidenza probatoria” di quel documento (necessariamente affidata, quest’ultima al libero apprezzamento del giudice caso per caso).
Ci riportiamo ancora una volta alle parole di R. Sacco (22), per spiegare questo concetto: “l’elaborazione del valore giuridico del messaggio trasmesso per telex è agli inizi. Il telex memorizza un messaggio, senza identificare il mittente. Il messaggio però identifica l’apparecchio trasmittente. In altre parole: il telex non dice con sicurezza chi ha inviato il messaggio, ma dice chi è l’utente (più esattamente: chi ha titolo per l’uso) e, quindi, chi è responsabile dell’apparecchio trasmittente […]. La dichiarazione per telex individua il soggetto di un potere giuridico cui si accompagna di norma un potere di fatto” (23).
Quindi, telegramma, telex, telefax, e-mail sono accumunati dal fatto di poter creare, in maniera, più o meno sicura, un nuovo tipo di appartenenza del documento al soggetto che l’ha redatto; in qualche modo essi individuano il soggetto che aveva un potere di fatto, un controllo sullo strumento di trasmissione. (24)
In questo senso tali documenti possono rientrare senz’altro nella categoria giuridica della “forma scritta”, creando con l’autore dello “scritto”, un legame nuovo, dettato da nuove regole scaturite dall’innovazione tecnologica e che, quindi, portano a “firmare” i documenti prescindendo, in particolari casi, dalla loro sottoscrizione.
Giustamente il legislatore comunitario ha, quindi, considerato - per quanto riguarda nello specifico il documento informatico - la categoria “firma elettronica” prescindendo dalla “tecnica” utilizzata per creare l’associazione del documento al suo titolare e questo con l’ovvia intenzione di lasciare libertà ai privati nel commercio elettronico (in modo che si possano trovare nel tempo anche nuove soluzioni tecnologiche più appropriate alle esigenze della prassi commerciale) (25). In questo modo possono rientrare tra i documenti firmati elettronicamente tutti quei documenti che permettano, in maniera più o meno sicura, l’associazione del documento ad un soggetto: tra questi può certamente rientrare l’e-mail!
La firma elettronica leggera ha così una sua autonoma rilevanza rispetto alla firma digitale e non va confusa con la stessa: essa, pur non assicurando normalmente, con sicurezza paragonabile a quella della firma digitale (26), l’immodificabilità e la provenienza del documento, comunque permette di “associare” (o meglio attribuire) un documento ad un soggetto (nè più nè meno di un comune telefax o telex).
L’equiparazione della “forma scritta” al telefax e alla posta elettronica la ritroviamo (inaspettatamente) anche nella recentissima Direttiva CE “relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi” , definitivamente approvata il 29.01.04 (27), laddove negli artt. 1 (definizioni) e 42 (regole applicabili alle comunicazioni) sono contenuti i principi fondamentali della disciplina delle nuove modalità di comunicazione: in tali articoli, si precisa preliminarmente che i termini “scritto” o “per iscritto” designano un insieme di parole o cifre che può essere letto, riprodotto e poi comunicato e che può includere informazioni trasmesse e archiviate con mezzi elettronici, ossia con mezzi che utilizzano apparecchiature elettroniche di elaborazione (compresa la compressione numerica) e di archiviazione dei dati, tramite diffusione, trasmissione e ricezione via filo, via radio, attraverso mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici. A fronte di un siffatto quadro definitorio l’articolo 42 prosegue affermando che “tutte le comunicazioni e tutti gli scambi di informazioni di cui al presente titolo possono avvenire, a scelta dell’amministrazione aggiudicatrice, per posta, mediante fax o per via elettronica”.
Inoltre, come è noto, l'utilizzo della posta elettronica quale valido mezzo di trasmissione di documenti informatici era già previsto, in Italia, dall'art. 14 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000); ma soprattutto occorre ricordare che il 27 novembre 2003 il Ministro Stanca ha emanato una Direttiva che prevede un utilizzo degli strumenti di posta elettronica per diverse attività “interne” della Pubblica Amministrazione (richieste di ferie o permessi, convocazioni di riunioni, invio di comunicazioni di servizio ovvero notizie dirette al singolo dipendente in materia di buoni pasto, pagamento di competenze, diffusione di circolari o ordini di servizio) ed, inoltre, il supporto, la formazione e l’assistenza alle P.A. per le iniziative relative alla revisione dei sistemi di comunicazione. (28).
Infine, a ulteriore conferma di quanto soprariferito, è di pochi giorni fa la notizia che il Consiglio dei Ministri nella riunione del 25 marzo ha approvato uno schema di DPR(29), su proposta di Lucio Stanca, Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, e Luigi Mazzella, Ministro per la Funzione Pubblica, che riconosce piena validità giuridica ai documenti trasmessi per posta elettronica: la posta elettronica può diventare "posta certificata", come una normale raccomandata con avviso di ricevimento, così che l'invio e la ricezione di documenti con strumenti informatici (e-mail) avrà “pieno valore legale”. Inoltre, l'art. 16 dello schema di DPR prevede l'abrogazione del primo comma dell'art. 25 del DPR 445 del 2000, secondo il quale "in tutti i documenti informatici delle pubbliche amministrazioni la firma autografa o la firma, comunque prevista, è sostituita dalla firma digitale, in conformità alle norme del presente testo unico". Questa automatica sostituzione pertanto non sarebbe più prevista per legge e occorrerebbe fare una valutazione caso per caso circa lo strumento di comunicazione elettronica più opportuno da utilizzare per “digitalizzare” i documenti amministrativi... rimarrebbe in vigore soltanto il secondo comma dello stesso articolo secondo il quale "l'uso della firma digitale integra e sostituisce ad ogni fine di legge l'apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi comunque previsti".
Secondo lo schema di DPR, quindi, l'e-mail "certificata" potrà essere liberamente utilizzabile nei rapporti "interni" e di natura "privatistica" della P.A. e naturalmente nelle comunicazioni tra privati. Ovviamente quando per taluni rapporti emergeranno esigenze di certezza e di "autenticazione" tipiche della P.A. allora serviranno altri meccanismi di "sigillazione" che possano assicurare il rispetto di quelle esigenze (come l'utilizzo della firma digitale o di altre forme di firma elettronica "avanzata" apposte sul messaggio).
Tale schema di DPR sembrerebbe, quindi, conferire ulteriore certezza al fatto che il legislatore italiano voglia uniformarsi alla tendenza comunitaria e internazionale che mira ad accostare l'e-mail ad altre forme di "documentazione scritta non sottoscritta" quali telefax, telegrammi, telex e, così, rafforzare ancora una volta le considerazioni intervenute in materia di valore dell'e-mail quale "forma scritta" (anche in seguito ai decreti ingiuntivi emessi dal Tribunale di Cuneo e Bari sulla base della produzione di e-mail contenenti un risconoscimento di un debito). (30).
Il legislatore comunitario e quello italiano sembrano confermare, pertanto, (anche per alcuni rapporti di natura “privatistica” tra P.A e cittadino e/o impresa) una piena equiparazione formale tra comunicazione elettronica e comunicazione scritta: equivalenza formale che si ritrova più volte ripetuta nel nell’ordinamento giuridico italiano, europeo, internazionale nel momento in cui si è voluta accostare l’e-mail al telefax, al telegramma, al telex…