a cura di Davide Diurisi
(articolo già pubblicato sulla Rivista La Pratica Forense - www.lapraticaforense.it)
Premessa
L’imprenditore che intenda avviare un processo di sviluppo rivolto all’internazionalizzazione, dispone oggi di un’ampia gamma di opportunità e numerose “variabili” su cui puntare per definire la sua strategia. Partendo dal presupposto che ogni impresa ha per obiettivo la realizzazione di profitto e la crescita dei suoi volumi d’affari, l’internazionalizzazione viene considerata una delle strategie più efficaci nella realizzazione di progetti di ampliamento: l’apertura sui nuovi mercati consente di esplorare trend e settori ancora ricchi di opportunità, talvolta comuni a diversi Paesi, talvolta specifici e fortemente caratterizzati. Questo scenario emana una forma di fascino sull’imprenditore, che sempre più spesso – e grazie alla sempre maggiore disponibilità di dati ed informazioni – tende a “scrutare” al di là del suo confine geografico.
Ma se le prospettive di sviluppo “si tingono spesso di rosa”, lasciando intravedere nelle analisi macro-economiche opportunità di commercializzazione per prodotti o servizi fortemente richiesti, è bene considerare attentamente l’intero complesso di variabili coinvolte nel programma di sviluppo, quindi predisporre un iter strategico da seguire, soprattutto quando si tratta di mercati lontani, anche oltre i confini ormai un po’ “materni” dell’Unione Europea.
In relazione ad un’ipotesi di investimento su mercati esteri extra Ue, emerge fin da subito l’esigenza di disporre di un quadro chiaro ed esaustivo del progetto nella sua interezza, quindi di una preventiva analisi della realtà aziendale in termini di risorse, organizzazione e funzioni. Analogamente si dovrà affrontare il tema della normativa presenta in quella data area geografica o nel Paese di riferimento, sì da orientare future scelte e strategie nella giusta direzione.
Il progetto di sviluppo ipotizzato riviene certamente dall’esigenza di dar vita ad una fase di espansione commerciale e strutturale dell’impresa, alla luce dei risultati raggiunti e delle prospettive di crescita individuate dalle previsioni.
L’articolazione del Business Plan aziendale riporterà quasi certamente tali elementi; si tratta pertanto di supportare - anche nella fase di scelta del mercato o della destinazione dei nostri sforzi – quanto indicato nel piano di sviluppo, cercando di “massimizzare” i risultati già raggiunti con strategie ad alto valore aggiunto.
Un’impresa attenta alle nuove tecnologie ed all’innovazione dovrà mettere alla migliore offerta sul mercato il suo know-how e le sue capacità tecniche, dotandosi di una struttura in grado di far fronte a richieste specifiche e personalizzate; mentre un’azienda impegnata nella produzione di beni di largo consumo dovrà identificare – preventivamente – la disponibilità di canali commerciali e distributivi adeguati, quindi dotarsi di quelle certificazioni qualità e di sicurezza senza le quali il prodotto non potrebbe avere accesso al mercato o sostenere la concorrenza.
Non sempre – tuttavia - è necessario portare il proprio prodotto all’estero, affrontando le mille ed una difficoltà di una provenienza lontana. Si può anche decidere di “produrre” in loco, esportando esclusivamente conoscenza e capacità. In tal caso l’analisi preventiva assume forme differenti e ci si introduce alla realtà operativa locale, alle disponibilità in termini di risorse umane, infrastrutture, sistemi di comunicazione e – ovviamente – normativa in materia di lavoro e produzioni.
Il tema delle risorse umane diviene cruciale, soprattutto quando si decide (e capita di frequente, anche perché conviene) di affiancarsi ad un partner locale. Il rapporto di collaborazione con un operatore del luogo è consigliabile, in quanto consente di muoversi più agevolmente nel mercato.
Elementi culturali, linguistici, burocratici sono sempre una materia oscura per lo straniero; proviamo soltanto ad immaginare un operatore straniero che viene ad investire in Italia – in una qualsiasi provincia individuata nel Centro del Paese – e che ha avuto notizia su siti internet, notiziari di organizzazioni per il commercio estero, riviste, associazioni di categorie collegate e quant’altro, dell’esistenza di strutture amministrative (gli Sportelli Unici …) in grado di risolvere in tempi certi ogni problematica per l’imprenditore, anche straniero… Una situazione forse limite, ma che evidenzia come sia importante disporre di un partner locale, in grado di conoscere la realtà quotidiana di un dato mercato, di dialogare con soggetti pubblici e privati, conoscendone limiti e incongruenze, facendoci risparmiare notevole tempo e denaro.
Come si può constatare, l’analisi da parte dell’imprenditore non può limitarsi all’idea, né tantomeno fermarsi alle sensazioni o alla lettura di un prospetto informativo. E’ opportuno investire – nella fase iniziale – proprio sulla conoscenza del mercato, sulla struttura dell’economia locale, sul funzionamento del settore pubblico e sulla disponibilità di strumenti tesi anche a migliorare il rapporto dell’imprenditore con l’amministrazione del posto.
Oltre a tali aspetti, fondamentale rimane – tuttavia – la corretta definizione di un programma di sviluppo aziendale prospettico, in cui si evidenzino gli elementi di fondo della strategia, e le possibili evoluzioni nell’ambito di 5-10 annualità. Ciò consente all’imprenditore di comprendere l’effettiva capacità della struttura di reggere l’investimento nel tempo, articolando le fasi di sviluppo per obiettivi o per progetto. Molto dipende – in tal caso – dalla tipologia di rapporto che si intende instaurare con il partner locale e dalla funzione di quest’ultimo in riferimento ai singoli obiettivi o all’intero progetto. Nel definire un rapporto di natura imprenditoriale con un operatore appartenente ad un Paese estero, ci si può riferire a varie tipologie di accordo; a partire da un semplice rapporto di natura commerciale, fino ad arrivare alla costituzione di un organismo giuridico, è importante esaminare – prima d’ogni cosa – gli elementi principali del piano di penetrazione che l’impresa intende attuare sul mercato di riferimento.
La definizione dei rapporti e delle condizioni di investimento sul mercato estero rappresentano il punto di partenza fondamentale da cui far derivare la strategia aziendale. Da qui i passaggi necessari per poter avviare un progetto di investimento all’estero.
- La ricerca (o – se già individuato – la verifica) del Partner di progetto, sia esso finalizzato ad un rapporto commerciale o ad un investimento in risorse, richiede un’attenta analisi dell’accordo che si dovrà definire con lo stesso.
- La stesura di un contratto con il partner dovrà essere preceduta – senza dubbio – dalla definizione di accordi pre-contrattuali (lettere di intenti) che consentano anche di verificare i presupposti economici dell’investimento in partnership, quindi di definire ambiti di operatività, responsabilità, ruoli e funzioni delle parti.
- L’attivazione di procedure di investimento in un dato Paese richiede una preventiva analisi del mercato, sia a livello normativo, sia a livello burocratico, ciò al fine di prevedere passaggi, adempimenti e relativi costi che se affrontati successivamente possono generare gravi disfunzioni nella gestione del progetto.
Per fissare le linee di orientamento e definire le ipotesi, pertanto, è necessario individuare la tipologia di intervento che si intende attuare, quindi procedere a definire le fasi di sviluppo sulla base di: - analisi pre-investimento – studi di fattibilità di mercato e di compatibilità territoriale
- studio della normativa locale e delle forme di incentivazione (fiscale, localizzativa, …)
- verifica in loco delle condizioni per l’insediamento
- analisi della forma societaria più appropriata
- sviluppo di un piano strategico aziendale su base pluriannuale – organizzazione aziendale
- identificazione e sfruttamento di strumenti finanziari a supporto dell’investimento.
L’ipotesi più frequente rimane la costituzione di una joint-venture . Tale rapporto si configura come una forma di accordo sostanzialmente adeguata a garantire le parti in un progetto di sviluppo, e dovrebbe prevedere la redazione di una documentazione informativa, utile ad entrambe le parti che contenga:
- L’analisi del contesto territoriale di riferimento – elementi socio-economico-politici.
- L’identificazione di un’area idonea ad accogliere l’investimento per ragioni di carattere formale (burocrazia e disponibilità delle autorità locali) e sostanziale (convenienza geografica per approvvigionamenti, forniture, rete viaria, vicinanza al porto commerciale, ecc …)
- La previsione di uno scenario industriale a 5 anni che preveda fase di avvio, fase di sviluppo e consolidamento, revisione dello stato dei fatti e degli accordi.
- Studio della struttura societaria con il consenso delle parti e verifica della normativa locale.
- Redazione delle lettere di intenti e degli accordi in materia di responsabilità, impegni e ambiti operativi.
- Definizione della tempistica di attuazione del progetto e fasi di organizzazione aziendale.
Tale documentazione aiuterà l’impresa a creare condizioni operative sicure, fondate su una base imprenditoriale solida, aspetto essenziale nel momento in cui ci si trova a gestire una “nuova realtà” imprenditoriale (perché di questo si tratta) a migliaia di chilometri da casa e dalla nostra azienda.In sintesi, il progetto di sviluppo per il nostro imprenditore si articolerà – in linea di principio – secondo una “scaletta” che prevede:Attività Pre-Investimento - Ricerche di mercato
- Studio di fattibilità per l’investimento
- Analisi della forma giuridica
- Struttura giuridico-contrattuale del rapporto Attività Finanziaria - Ricerca di strumenti appropriati
- Presentazione dell’azienda e “bancabilità” del progetto nei confronti delle organizzazioni finanziarie coinvolte
- Intermediazione presso istituti di credito locali e autorità di governo Attività di assistenza - Piano di sviluppo
- Redazione lettere di intenti, atti e contratti
- Gestione istruttoria pre –> post approvazione banche
Individuazione di alcuni strumenti finanziari utili per lo sviluppo del progetto: fra questi i principali:
- Legge 394/81 Sostegno alle attività di studio e verifica delle condizioni di investimento
Analisi di mercato, studi di fattibilità, trasferte, ….
- Legge 100/90 Partecipazione della SIMEST al capitale d’azienda
- Normativa comunitaria sulle Joint Venture
Una volta definito il progetto nei suoi tratti fondamentali, il nostro imprenditore potrà rivolgere quindi l’attenzione agli strumenti finanziari proprio per eseguire e completare quelle valutazioni che rendono possibile l’accordo in loco e il dialogo con le Amministrazioni locali, nell’ottica della presentazione di un programma di sviluppo e insediamento sul mercato estero.
In materia di strumenti finanziari a supporto dei progetti di internazionalizzazione, lo scenario che si presenta all’imprenditore alla guida di un’impresa di piccole-medie dimensioni non è dei più rosei. I principali strumenti finanziari prevedono forme di sostegno particolari per il progetto d’impresa, e generalmente si rivolgono a operazioni di una certa consistenza. Si tratta di interventi a supporto del capitale d’impresa, regolati da forme di partecipazione societaria, o provvidenze in favore di studi di mercato e/o costituzione di rappresentanze commerciali stabili.
Tuttavia, è bene accennare al meccanismo che regola tale normativa, sì da fornire una visione generale del sistema di supporto all’imprenditoria italiana, per poi poter meglio comprendere ulteriori – eventuali – specifici sistemi di agevolazione. Resta tuttavia il fatto che anche gli strumenti finanziari vengono gestiti secondo una logica strategica di progetto, e non possono risultare utili ad “operazioni spot”…. concetto che in ogni caso ci sentiamo di suggerire al nostro imprenditore ammaliato dalle prospettive dei mercati più interessanti o promettenti.
Pur non essendo in presenza di agevolazioni nella forma del “fondo perduto”, (cui siamo maggiormente abituati in Italia), in quanto non previsti dall’attuale normativa per le operazioni internazionali, è da rilevare che l’investimento su un mercato estero richiede – prima di tutto – una gestione organica ed attenta delle risorse da impegnare, quindi – come accennato nelle precedenti note - lo studio e l’analisi della realtà territoriale di riferimento.
Il c.d. fronte rischi per le operazioni su mercati lontani o in Paesi in via di sviluppo (PVS) viene generalmente considerato elevato, in considerazione della relativa instabilità di alcuni mercati. Diviene pertanto condizione essenziale e necessaria poter operare in stato di sicurezza, avendo il sostegno (non solo finanziario) di organizzazioni internazionali che possano agevolare ed assicurare il corretto svolgersi dell’attività imprenditoriale.
L’organismo italiano che si occupa di sostenere ed accompagnare l’impresa all’estero è la SIMEST (e con essa la SACE); tale organismo che si rende operativo per il tramite di banche di rilievo nazionale, consente di garantire l’imprenditore e offrirgli una gamma di servizi importanti sul mercato di riferimento, ivi compreso un rapporto ottimale con gli istituti di credito locali e con le autorità locali.
SIMEST interviene proprio nella fase preventiva di analisi e studio attraverso le provvidenze della Legge 394/81 . Il disposto normativo n. 394/81 prevede contributi sotto forma di finanziamenti a tasso agevolato sia per le operazioni di natura commerciale, che per l’eventuale insediamento produttivo.
Le spese previste sono relative a:
- costituzione e funzionamento all’estero di rappresentanze permanenti,
- studi di mercato, promozione, dimostrazione, pubblicità,
- spese per la prestazione di servizi di assistenza pre e post-vendita.
Si tratta di finanziamenti rimborsabili in rate semestrali, posticipate, a quote costanti di capitale più gli interessi sul debito residuo. Il tasso di interesse è fisso per tutta la durata del finanziamento e pari al 40% del tasso di riferimento. Nel valutare la richiesta la Simest esamina la validità tecnica, finanziaria ed economica del programma in relazione alla consistenza patrimoniale, finanziaria ed organizzativa dell’impresa richiedente.
La fase della “strutturazione societaria” viene assistita anch’essa dall’organizzazione SIMEST che attraverso le provvidenze della Legge 100/90 subentra nella dotazione di capitale sociale della nuova entità societaria, contribuendo a “irrobustirne” il profilo patrimoniale. Tale tipologia di aiuto consente di avviare l’iniziativa con il supporto di valide garanzie patrimoniali, potendo far fronte alle esigenze primarie della neo-costituita impresa anche nei confronti degli Istituti di Credito presenti in loco.
La Legge 100/90 prevede l’intervento della Simest in qualità di socio di minoranza, con l’acquisizione di quote nel capitale sociale della società estera (massimo 25% per 8 anni) a fianco del partner italiano; tale modalità consente – inoltre – di attivare contributi in conto interessi (circa 50% del Tasso industriale di riferimento) a fronte di un finanziamento della durata massima di 8 anni relativo alla quota di partecipazione al capitale.
Eventualità che può verificarsi anche nel caso di iniziative a valere su fondi BEI (Banca Europea per gli Investimenti) o BERS (Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo), stanziati in favore di programmi internazionali di sostegno alle Joint Ventures.
La normativa comunitaria in tema di agevolazioni alle Joint Venture - Programma JEV - ad oggi prevede il sostegno a progetti realizzati da due o più Pmi europee. La struttura del programma JEV, tuttavia, sarà modificata a breve, e sarà presumibilmente estesa alle Pmi ubicate anche in altri Paesi, “in avvicinamento” all’Unione Europea.
Il programma JEV prevede l’ammissibilità di spese relative a:
- indagini di mercato,
- studi legali,
- valutazioni di impatto ambientale,
- studi di carattere tecnico,
- business plan
- consulenza interna ed esterna.
I contributi attualmente previsti sono sotto forma di prestito senza interessi, fino al 50 % delle spese sostenute entro il limite di 50.000 euro (pari a circa 96,8 milioni di lire). Tale prestito può essere convertito in contributo a fondo perduto su specifica richiesta del beneficiario. L’attuale normativa prevede anche contributi agli investimenti nella costituzione della Joint Venture; tra questi rientrano le spese relative all’acquisizione o realizzazione di attività materiali o immateriali contabilizzate nell'attivo del bilancio della joint venture. Il finanziamento prende la forma di un contributo a fondo perduto, nel limite del 10 % delle spese sostenute, per un importo non superiore a 50.000 euro (pari a circa 96,8 milioni di lire)
Davide Diurisi
Studio Associato D. & L.