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Banche di dati: finalmente una tutela ad ampio spettro? Novità dalla Corte Europea

(articolo già pubblicato nella Rubrica Diritto&Internet curata dall'avv. A. Lisi e ospitata nel Corriere delle Comunicazioni)

La Corte di Giustizia Europea si prepara ad un’importante pronuncia in tema di tutela di database. L’occasione per creare uno spazio di riflessione in subiecta materia è stata fornita da alcuni procedimenti sottoposti all’attenzione della Corte con rinvio pregiudiziale: su questi si è pronunciato l’Avvocato Generale Stix-Hackl, il quale ha assunto - nelle conclusioni pubblicate l’8 giugno scorso – una posizione aperta e decisamente garantista riguardo questa particolare opera dell’ingegno.

A livello comunitario la disciplina delle banche dati è contenuta nella direttiva 96/9, la quale all’art. 1 definisce la banca dati “una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo”. Quindi la banca dati è una raccolta di opere che ha valore in sé e per sé, in virtù della considerazione che scelta, disposizione e gestione dei contenuti sono frutto di una valutazione dell'ingegno operata dall’autore della stessa: la banca dati è un quid che si stacca dalle singole opere che raccoglie (i cui diritti rimangono impregiudicati), divenendo entità autonoma meritevole di tutela giuridica. Quali i diritti accordati in via esclusiva al titolare? In primis la riproduzione in qualsiasi forma dell’opera, poi la sua traduzione, adattamento, o modifica e, infine, qualsiasi forma di distribuzione, comunicazione, presentazione al pubblico della banca di dati.

Definito l’ambito giuridico di riferimento passiamo a considerare la fattispecie concreta. Il caso riguarda l’organizzazione del calcio professionistico in Inghilterra, attività questa affidata a due diverse leghe: tali associazioni all’inizio di ogni stagione calcistica predispongono, tramite altra società licenziataria, i calendari degli incontri che saranno disputati in ciascuna divisione nel corso della stagione; i dati vengono registrati elettronicamente e sono individualmente accessibili.

La procedura innanzi alla Corte è stata attivata da un ricorso della società licenziataria contro alcune società scandinave, accusate di aver estratto parte rilevante dei dati dai calendari di campionato per i loro concorsi pronostici di totocalcio. Il quesito posto alla Corte, riguardo natura giuridica dei calendari e liceità della condotta delle resistenti, tira in ballo il concetto di diritto sui generis, normato dall’art. 7 della direttiva, a mente del quale il titolare di una banca dati può vietare operazioni di estrazione o reimpiego di tutto o parte del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi o quantitativi “ qualora il conseguimento, la verifica e la presentazione di tale contenuto attestino un investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo”. L’estrazione si verifica quando si ha trasferimento permanente o temporaneo di tutto o parte del contenuto di una banca di dati su un altro supporto con qualsiasi mezzo o forma; il reimpiego si sostanzia invece nella messa a disposizione del pubblico di tutto o parte del contenuto della banca di dati mediante distribuzione di copie, noleggio, trasmissione in linea o in altre forme.

Non v’è dubbio, sostiene l’Avvocato generale, fautore di un’interpretazione ampia dei requisiti richiesti dalla normativa, che qui ci si trovi in presenza di una banca dati.

Egli sottolinea, e a ragione, che non è rilevante la natura dei dati contenuti in un database organizzato per attuare la tutela che la direttiva accorda al suo titolare. Tale tutela è operante anche quando la banca dati è stata creata al fine di organizzare partite di calcio o corse ippiche: comunque v’è stato un investimento notevole - nell’impegnare risorse umane, finanziarie, tecniche e di tempo – per la sua costituzione. Inoltre, il diritto sui generis riconosciuto a chi costituisce la banca dati consente a questi, a determinate condizioni, di vietare l’utilizzo dei dati che vi sono contenuti, prescindendo, la protezione accordata, dallo scopo per il quale la raccolta e l’organizzazione dei dati è stata realizzata: in effetti, se il legislatore comunitario avesse voluto prevedere una simile condizione, l’avrebbe sicuramente fatto.

                                                                                                 di Andrea Lisi e Valentina Renna – www.studiodl.it

 

 

 

 

25/06/0004

 

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