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Basta una semplice e-mail per inoltrare i ricorsi alla Corte Ue. Che fine fa la firma digitale?

di Graziano Garrisi (www.scint.it)

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E’ di pochi giorni fa la notizia relativa alla recente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (n. 361 dell’8/12/2004) delle Linee Guida per l’attività giudiziaria della Corte di Giustizia, attraverso le quali tutti i ricorsi e gli atti del giudizio, davanti la Corte di giustizia Ue, potranno essere inviati via fax o per posta elettronica. Questa importante novità è opera degli stessi giudici comunitari che, al fine di snellire i lunghi procedimenti davanti la Corte, hanno predisposto alcune istruzioni pratiche, semplici e dettagliate che regolano anche le modalità di presentazione di memorie, comparse di risposta, controricorsi ed impugnazioni. Tra l’altro una delle novità più importanti è stata l’introduzione di limiti di lunghezza degli atti stessi, che non potranno superare le 15 pagine.

Ci troviamo di fronte all’applicazione di un “nuovo procedimento telematico”, anche in ambito comunitario. Ancora una volta è l’e-mail a fare da protagonista, infatti, le copie degli originali degli atti processuali potranno essere trasmesse in cancelleria in allegato ad un messaggio di posta elettronica, purché siano copie trattate con lo scanner.

E’ sicuramente degno di nota lo sforzo diretto alla ricerca di soluzioni che consentano di dare maggiore rapidità e snellezza ai procedimenti giudiziari, anche se l’aspetto riguardante la fase cartacea del procedimento non è stato eliminato del tutto: infatti, si è subordinata la validità del documento elettronico alla conformità all’originale cartaceo firmato che dovrà, comunque, pervenire in cancelleria entro dieci giorni successivi al deposito.

A questo punto non possiamo esimerci dal fare un parallelismo con il “nuovo processo telematico” in Italia (decreto ministeriale 13 febbraio 2001 n. 123), attraverso il quale sarà possibile l’invio a distanza dell’atto introduttivo di un giudizio civile e la sua archiviazione automatica nel registro della cancelleria. Caratteristica peculiare di questo nuovo procedimento è, però, la sua completa digitalizzazione. Il progetto, ancora in fase di sperimentazione, consiste infatti, nella realizzazione di un insieme di applicazioni informatiche e infrastrutture tecnologiche attraverso le quali si potrà accedere via web al sistema informatico civile per depositare atti o consultare lo stato delle cause ed il fascicolo elettronico. La trasmissione per via telematica di comunicazioni, notifiche e copie di atti dagli uffici giudiziari ai soggetti coinvolti (e viceversa) dovrà avvenire sempre con firma digitale.
Gli avvocati, a tal fine, potranno liberamente dotarsi di una firma digitale che sarà rilasciata da uno dei certificatori accreditati presso il C.N.I.P.A. (Centro Nazionale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione). I certificati digitali rilasciati ai professionisti potranno indicare espressamente l’iscrizione all’albo del loro titolare, specificando altresì il Consiglio dell’Ordine territorialmente competente nel caso di specie.

Sono sicuramente esigenze di certezza tra gli scambi di atti giudiziari che hanno ispirato il nostro legislatore: l’immodificabilità dell’atto, l’individuazione univoca della sua provenienza e la segretezza o riservatezza del suo contenuto sono alla base della scelta dell’uso della firma digitale.

Nell’era dell’informatizzazione diffusa, infatti, la tecnologia vuole sostituirsi al modello processuale esistente; si tende sempre di più all’eliminazione completa del materiale cartaceo in favore di un più rapido scambio telematico di informazioni, che consenta una gestione complessiva dell’attività dei giudici e degli avvocati.

In questa necessaria evoluzione dettata dalla Società dell’Informazione, non può comunque passare inosservato il fatto che nelle Linee Guida della Corte Ue non si faccia alcun riferimento alla firma digitale, bensì si conferisce validità all’invio di semplici e-mail contenenti il documento cartaceo “scannerizzato”; nelle intenzioni della Corte, infatti, l’uso della posta elettronica si pone solamente come metodo di risoluzione complementare, e non alternativo, all’uso del documento cartaceo, soprattutto con riferimento ai classici problemi a cui vanno quotidianamente incontro gli operatori del diritto, quali scadenze o prescrizioni.

Anche il D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 che disciplina il “nuovo processo societario italiano” (in vigore dal 1° gennaio 2004) al suo art. 17 prevede che lo scambio degli atti processuali, le notificazioni e comunicazioni possano avvenire indifferentemente attraverso il fax, l’e-mail o lo scambio diretto, il tutto nel pieno rispetto della normativa , anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi. Lo scopo del legislatore è stato, anche qui, quello di fornire nuove possibilità e nuovi strumenti di tutela accanto a quelli tradizionali, infatti resta sempre obbligatorio il deposito di tutti gli atti processuali in cancelleria.

Tuttavia, anche questa procedura, diretta alla semplificazione del processo societario, necessita di alcuni accorgimenti soprattutto per quanto riguarda lo scambio di e-mail (è necessario che entrambi gli avvocati difensori abbiano la firma digitale).

Tutto ciò deve far riflettere sul modo con cui in Italia si stia procedendo all’informatizzazione dei processi, dove ci si scontra con una realtà che forse non è ancora pronta all’uso di tecnologie che, seppur dotate di un margine elevato di sicurezza, sono tuttavia ancora sofisticate rispetto all’alfabetizzazione media degli utenti. Solo a titolo esemplificativo si ricorda che – perché venga veramente implementato il processo telematico in Italia come previsto dalla recente normativa indicata - dovranno far parte del bagaglio culturale di ogni avvocato ed operatore termini come infrastrutture di rete, punti di accesso, firma digitale, posta elettronica certificata, tutela della privacy e della sicurezza delle trasmissioni, standard per la redazione degli atti e strumenti informatici ad essa necessari. Apprendere l’utilizzo di tali nuovi strumenti è, quindi, fondamentale per capirne le modalità di funzionamento e riuscire ad integrarli nel lavoro quotidiano.

Coinvolgere i vari attori del processo, organizzare i servizi per l’invio di messaggi nella rete, riorganizzare le cancellerie, modificare abitudini e costruire nuove professionalità è compito arduo che potrebbe – quanto meno nella sua fase iniziale - portare ad un rallentamento del processo evolutivo dettato dall’innovazione tecnologica. Lo stesso uso della firma digitale si pone come un ostacolo per quanti (e sono in moltissimi) non ne conoscono nemmeno il funzionamento. Quindi, per finire, non sarebbe, forse, più opportuno ispirarsi, almeno inizialmente e come periodo di transizione, a questa prassi comunitaria, basata su di un concetto di firma elettronica che sia improntato alla sintesi, alla semplicità di redazione ed alla velocità degli scambi, piuttosto che al rigido formalismo di cui necessita la firma digitale?

 

10/12/2004

 

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