Nel processo di internazionalizzazione degli scambi e delle attività produttive si stanno inserendo, negli ultimi cinque anni, i paesi arabi del Nord- Africa. Il loro obiettivo, tramite accordi e strategie comuni con l’U.E., è quello di pilotare lo sviluppo e la crescita economico- commerciale attraendo un elevata quantità di investitori esteri che garantiscano una diversificazione della produzione, generalmente legata al settore petrolifero, e un incremento delle esportazioni al fine di invertire il tradizionale deficit nella bilancia dei pagamenti.
Si tratta, naturalmente, di paesi con diverse situazioni socio economiche:
- Tunisia e Marocco hanno dato una forte connotazione “europeistica” alla loro economia ed alla loro legislazione di diritto commerciale riducendo al minimo i rischi imprenditoriali e sostenendo in modo determinante gli investimenti esteri;
- Libia ed Algeria si trovano ancora agli inizi di un percorso che certamente avrà delle enormi possibilità di crescita ma che al momento si presenta ad alto rischio;
- L’Egitto, che ha una economia più solida ed omogenea rispetto alle altre della medesima area geografica, ha già da tempo spinto la sua economia ad una integrazione con i mercati europei.
Questo processo ha avuto una importante evoluzione a partire dal 1990 quando l’Unione Europea ha intrapreso un processo di cooperazione, prima, e, poi, di partenariato euro- mediterraneo, finalizzato allo sviluppo economico, sociale, infrastrutturale al fine di rendere accessibile tale mercato agli investitori europei.
L’Italia ha una posizione sia geografica che politica- istituzionale e storica di forte vicinanza con questi paesi poiché la accomunano condizioni geografiche, scelte di consumo, situazioni sociali e possibilità economiche. Il nostro paese rappresenta uno tra i principali investitori in quelle zone di mercato, ma anche e soprattutto il principale interlocutore e il privilegiato punto di riferimento nella politica euro- mediterranea.
In tema di commercio estero sono stati fatti notevoli passi in avanti da un punto di vista istituzionale tramite accordi con i governi di quei paesi e tramite incentivi, finanziamenti, sgravi fiscali alle aziende ed imprese italiane, di piccole e medie dimensioni, che intraprendono la strada dell’internazionalizzazione verso quelle aree geografiche e verso quei mercati considerati come un punto strategico in quanto aprono la porta a contenitori di consumatori di ampie dimensioni.
Anche da un punto di vista internazionale enti come la Bei, l’IFM, La Banca Mondiale, l’IFC hanno stanziato ingenti somme per le imprese che decidono di delocalizzare la produzione in quelle zone del sud del mediterraneo.
Si tratta non solo di un’operazione meramente economica- commerciale ma anche di una immensa possibilità di crescita socio- culturale di paesi che senza queste iniziative vedrebbero stagnare la loro propria economia, in questo modo si da un impulso alla crescita e allo sviluppo che conduce anche ad un sostanziale aumento degli acquisti e dei consumi di questi mercati.
Certamente sussistono delle difficoltà e delle perplessità di natura tecnica e di natura logistica che però vanno gradualmente eliminandosi grazie alla efficace opera dei governi locali, tranne alcune eccezioni di una arretratezza che non consente uno sviluppo armonico, ma limitato a settori merceologici di consumo generale e di basilare e semplice composizione.
Si passa ora a dare un’idea generale di quelle che possono essere le condizioni specifiche di ciascuno di questi paesi, sia in ambito socio- economico ma anche in ambito di promozione degli investimenti da un punto di vista giuridico.
EGITTO:
Come si è detto rappresenta lo stato che ha saputo nel corso degli anni avvicinarsi in maniera più evidente a quelli che sono i target europei, conta una vastissima popolazione ed è quindi un mercato, seppur non particolarmente ricco, molto appetibile dagli esportatori italiani ed europei.
Si tratta di un paese con un’ampia disponibilità di manodopera con costi relativamente bassi e capacità tecniche di buon livello.
La legislazione è, seppur confusa e non organicamente raccolta, molto vicina a quella occidentale di tipo francese di civil law.
In tema di investimenti vige la legge n. 8 del 1997 concernente garanzia ed incentivi per gli investimenti esteri in Egitto, a questa vanno affiancati i numerosi decreti sugli investimenti:
A breve termine le possibilità di sviluppo e di crescita sono buone, si registrano valori intorno al 5% annuo; nell’ambito delle privatizzazioni poco è stato fatto anche se nel 2001 è stato privatizzato un importante cementificio.
Nel 2001 l’Egitto ha firmato un accordo di associazione con l’U.E. volto ad abbassare gradualmente le tariffe doganali al fine di creare entro il 2010 una zona di libero scambio.
LIBIA
Si tratta certamente di uno stato che ha ampi margini di sviluppo e di miglioramento delle risorse e delle infrastrutture.
Da un ambito del fattore del rischio esso viene identificato come altissimo anche se con l’Italia i rapporti sia economici e commerciali sia istituzionali rimangono di gran lunga privilegiati. La fine delle sanzioni economiche ONU e la prossima fine di quelle USA sta aprendo interessanti scenari di sviluppo a medio e lungo termine che potrebbero rivelarsi di elevatissima redditività.
La legge n.5 sugli investimenti del 1997 rappresenta un grosso passo in avanti nell’ambito della ricerca di un ammodernamento dell’apparato giuridico in tema di investimenti esteri anche se si scontra con una realtà abbastanza difficile e complessa.
La manodopera è scarsa ma moltissima parte viene coperta da immigrati, le risorse sono mediamente molte e piuttosto importanti (acqua, petrolio, legno, risorse ittiche…). Il costo dei beni e degli operai è basso rispetto ai target europei ma non tra quelli dell’area geografica di cui si parla.
Importantissima è la crescita di opere e di infrastrutture, tra tutti il progetto del Great Man Made River.
La Libia non offre elevati standard di capacità tecnica ma una ampia e buona preparazione dei lavoratori ed importanti accordi commerciali di libero scambio o di scambi preferenziali con altri paesi arabi o africani.
MAROCCO:
rappresenta uno degli stati che ha saputo meglio e con più convinzione credere nella strada dell’attrazione degli investimenti e nel rapporto privilegiato con l’U.E. migliorando, grazie a finanziamenti ingenti, tutta una serie di infrastrutture soprattutto in ambito del trasporto (porti aeroporti, sistema autostradale di assoluta supremazia nell’area geografica di riferimento. Questo lavoro ha fatto si che nel 2001 fosse il paese che ha attratto il maggior numero di investimenti esteri in africa e medio- oriente.
Si tratta di un paese con una numerosissima popolazione e forza lavoro di buona capacità tecnica ma di scarsa ed insufficiente diffusione della scolarizzazione. Il costo della manodopera è, quindi, a bassissimi livelli.
Da un punto di vista politico, sorgono spesso problemi legati agli investimenti, ma le agevolazioni e le possibilità di sviluppo ne fanno un paese leader nella zona.
La legge sugli investimenti di notevole portata europeista, ma anche le riforme degli altri codici e leggi (codice di commercio, codice di commercio marittimo) ne fanno il primo paese partner dell’U.E.
Il Marocco si contraddistingue per essere il paese che ha saputo meglio sfruttare e, quindi, sempre più attrarre i finanziamenti da parte degli enti ed istituzioni internazionali (BEI, IFC…).
TUNISIA:
La Tunisia è uno dei paesi che meglio ha saputo attrarre gli investimenti esteri grazie ad una politica che ormai da quasi un decennio insiste su questo come fonte di crescita e di sviluppo economica ma anche sociale.
La disponibilità di manodopera e il suo bassissimo costo a fronte di un’istruzione media di livelli più che sufficienti hanno fatto si che si sviluppassero forme di investimento importanti e di notevole flusso economico.
La politica del governo di valorizzazione delle non immense risorse naturali e infrastrutturali ha condotto il paese verso uno sviluppo omogeneo e compatto. Inoltre importanza essenziale hanno avuto gli accordi di libero scambio con l’U.E. finalizzati alla creazione entro il 2007 di una zona di libero scambio, e già da oggi sono possibili le esportazioni dalla Tunisia verso l’U.E. “franco dogana”. Stesso accordo di libertà doganale in uscita è stato stipulato con gli USA. Questo interesse e particolare tutela della Repubblica Tunisina è dovuta al suo ruolo strategico di controllo del Mediterraneo e di confine con le zone “calde“ Medio- Orientali.
Chiave di volta del progresso tunisino è stata la codificazione del 1993 in tema di attrazione degli investimenti esteri oltre ad un programma di riforme legislative nell’arco dello scorso decennio.
È evidente che la politica della Tunisia di sostegno e di incentivazione agli investitori esteri è soprattutto finalizzata all’esportazione e non appena alla creazione di imprese ed attività produttive in loco. Infatti circa l’80% della produzione tunisina è rivolta alla esportazione verso mercati europei. In questo senso, come visto, si inseriscono gli accordi di libera esportazione con U.E. ed U.S.A.
In questa sede si è voluto dare un accenno generale alla politica europea ed italiana sul tema del commercio internazionale con i paesi arabi e sulla analisi della legislazione di questi paesi in ambito della promozione degli investimenti esteri, per ulteriori informazioni rivolgersi a:
dott. Paolo GRECO
E-MAIL: paolo-greco@libero.it
Tel: 335-5819893
(Il dr. Paolo Greco collabora con il Centro Studi SCiNT per progetti di investimento nei paesi arabi, chiunque voglia verificare opportunità di affari con questi Paesi può contattare il Centro Studi -segreteria tel. 0832/256065 - che opererà in sinergia con l’esperto di competenza, per piani di fattibilità, valutazione del mercato di riferimento, progettazione dell’investimento, studio della normativa)