CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO
Le condizioni generali di contratto di una parte, a norma dell'art. 1341, 1° comma del codice civile italiano, sono efficaci purché siano conoscibili all'altra parte. Nei siti di commercio elettronico, normalmente, le condizioni generali sono visualizzabili mediante appositi link, oppure si trovano riprodotte nel modulo d'ordine elettronico predisposto dal fornitore. Queste soluzioni, a nostro avviso, possono essere ritenute idonee, purché la conoscibilità delle condizioni generali sia assicurata in un momento anteriore all'accettazione da parte del destinatario. Le normative di alcuni paesi possono richiedere il rispetto di particolari accorgimenti per attirare l'attenzione del destinatario sulla particolare gravosità di certe clausole contenute nelle condizioni generali di contratto (ad esempio: esoneri di responsabilità, decadenze da diritti, ed altre). In Italia, non basta riportare con particolare evidenza tali clausole (ad esempio in carattere stampatello), ma occorre la specifica approvazione per iscritto di tali clausole. Tale requisito si considera soddisfatto con l'apposizione della cosiddetta doppia firma, la prima in relazione al contratto nel suo complesso (comprese le condizioni generali) e la seconda in relazione alle specifiche clausole vessatorie (art. 1341, 2° comma del codice civile). Analoghe regole valgono per i contratti conclusi mediante formulari (art. 1342 del codice civile). Nel commercio elettronico, il requisito della doppia firma non può che essere soddisfatto con la firma digitale, ed in particolare con un accorgimento tecnico che permetta di apporre una sorta di doppia firma digitale.
Occorre, però, precisare che il requisito della doppia firma non appare applicabile ai contratti internazionali di vendita regolati dalla Convenzione di Vienna. Trattandosi infatti di un requisito formale, esso non è compatibile con le previsioni dell'articolo 11 della Convenzione di Vienna, laddove si stabilisce espressamente che un contratto di vendita non necessita di essere concluso o provato per iscritto e non è sottoposto ad alcun altro requisito di forma. Analogamente, nell'ambito regolato dalla Convenzione di Bruxelles sulla giurisdizione (1968 e successive modifiche) e dalla Convenzione di New York sull'arbitrato (1958), la clausola di deroga della giurisdizione italiana a favore di arbitri o di giudici esteri richiede l'osservanza della forma prevista da tali convenzioni (in linea di principio, la forma scritta) e non la doppia firma. In questo caso, dovrebbe essere sufficiente l'apposizione della firma digitale, naturalmente per quanto riguarda gli Stati che equiparano la firma digitale alla forma scritta, a tutti gli effetti di legge.
GIURISDIZIONE E ARBITRATO
Nell'ambito del commercio internazionale trovano applicazione due importanti convenzioni: ·
- la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (e successive modifiche) concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, conclusa tra i paesi dell'Unione Europea
- la Convenzione di New York (1958) sul riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, ratificata da un numero molto rilevante di Stati.
In particolare, l'art. 17 della Convenzione di Bruxelles prevede che le parti abbiano libertà di scegliere il giudice chiamato a decidere le loro controversie. Di regola, la scelta deve essere effettuata per iscritto (o, come si diceva sopra, mediante la firma digitale, per quanto riguarda gli Stati che la equiparano a tutti gli effetti di legge alla forma scritta), salvo diversa forma ammessa dalla prassi instaurata tra le parti o dagli usi del commercio internazionale. In mancanza di scelta del foro competente ad opera delle parti, la Convenzione di Bruxelles afferma il criterio generale della competenza del giudice del paese del convenuto (art. 2) o, in alternativa, il criterio speciale della competenza del giudice del luogo di adempimento dell'obbligazione dedotta in giudizio (art. 5.1). La Convenzione di New York sull'arbitrato prevede che le parti possano devolvere la controversia al giudizio di arbitri in forma scritta (art. II).
LEGGE APPLICABILE
Nell'Unione Europea, la materia della legge applicabile al contratto è regolata dalla Convenzione di Roma (1980) sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali. L'art. 3 della Convenzione prevede, in linea di principio, che le parti siano libere di scegliere la legge applicabile al loro rapporto. Non è richiesta la forma scritta. E' sufficiente che la scelta sia espressa o che risulti in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze. Pertanto, nel commercio elettronico nell'ambito dell'Unione Europea, la clausola di scelta della legge applicabile, diversamente dalla scelta del foro competente o dell'arbitrato, non richiede la firma elettronica. La libertà di scelta delle parti non è assoluta, ma trova un limite nelle norme imperative e nelle norme di applicazione necessaria (art. 3.3., art. 7.1, art. 7.2).
In mancanza di scelta della legge applicabile si applicherà la legge del paese con il quale il contratto presenta il collegamento più stretto (art. 4.1). In linea di principio, si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto con il paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o, se si tratta di una società, la sua amministrazione centrale (art. 4.2). Di regola, la prestazione caratteristica non è il pagamento del prezzo, ma la prestazione per la quale il prezzo viene corrisposto. Ne segue che, generalmente, nel commercio elettronico "business to business" nella Comunità Europea, in assenza di scelta della legge regolatrice del contratto, troverà applicazione la legge del paese del fornitore del bene o del servizio, piuttosto che quella del destinatario dello stesso.
MARCHI, DOMAIN NAMES E DIRITTO D'AUTORE
Internet ed il commercio elettronico pongono nuove problematiche giuridiche anche in materia di marchi, diritti d'autore e, più in generale, di diritto della proprietà industriale ed intellettuale. In materia di marchi, un aspetto di particolare rilevanza è quello che riguarda il possibile conflitto tra domain names e marchi. I termini della questione sono ben noti. L'uso di un domain name identico o simile ad un marchio anteriore per il medesimo settore merceologico (o anche per un settore diverso, nel caso dei marchi di rinomanza) può indurre la clientela a ritenere che l'intestatario del domain name sia anche il titolare del marchio, con conseguente sviamento della clientela. In questi casi la giurisprudenza di diversi paesi (compresa l'Italia), interpretando la legge marchi, ha generalmente ritenuto che non sia lecito l'uso del domain name in conflitto con il marchio anteriore (in senso contrario, con una pronuncia che farà discutere, si veda ord. Trib. Firenze, 29 giugno 2000, caso Sabena, in Il Sole-24 ore, Guida al diritto, 29.7.2000, pag. 45).
Specifici aspetti emergono anche in materia di diritto d'autore, considerando che in Internet e nel commercio elettronico circolano un sempre maggiore numero di opere musicali, figurative, letterarie, multimediali ed altre. Queste opere, in considerazione del mezzo elettronico, si prestano ad una più facile riproduzione e distribuzione abusiva. Pertanto, necessitano di una tutela specifica. L'Unione Europea, consapevole di questa necessità, ha pubblicato una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, COM (97) 628 def. del 10 dicembre 1997, in GU C 108 del 7 aprile 1998, pag. 6), successivamente modificata con documento 599PC0250. La proposta di direttiva specifica il contenuto dei diritti di riproduzione, di comunicazione al pubblico e di distribuzione delle opere tutelate dal diritto d'autore, ne precisa le condizioni dell'esaurimento e i casi di libera utilizzazione. Si ricordano, inoltre, altre normative connesse alla materia informatica, quali, ad esempio, la direttiva 91/250/CEE del 14 maggio 1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore, modificata dalla direttiva 93/98/CEE, nonché la direttiva 96/9/CE del'11 marzo 1996 relativa alla tutela giuridica delle banche dati. In conclusione si può affermare che le normative attualmente esistenti forniscono già un quadro all'interno del quale il commercio elettronico può trovare determinate regole e prescrizioni normative. Tale quadro, tuttavia, non è lineare, né scevro da lacune e problemi interpretativi. Ci troviamo pertanto in un momento di transizione, che attende di approdare ad una più precisa definizione di regole giuridiche.
Claudio Costa
Consulente Centro Estero Lombardia