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Partendo dalla recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo in materia di privacy, una importante riflessione sulla trasparenza dell'individuo nella Società dell'Informazione - di A. Sebastio

Siamo una Banca dati che non governiamo

 

di Augusto Sebastio, avvocato del foro di Taranto - Segretario dell’Osservatorio Centro Studi Informatica Giuridica di Taranto

 

Una recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’uomo ha posto l’attenzione sulla necessità di rispetto dei diritti fondamentali rappresentati nella Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo, ponendo l’accento sulla inviolabilità della vita privata e della dignità personale.La tutela di tali diritti,nel caso di specie messa al bando dalla pubblicazione di foto segnaletiche relative ad una persona indiziata di reato, da parte della autorità giudiziaria, valica i principi di interesse pubblico e di giustizia, ancor più se si tratta di un soggetto in attesa di pronuncia definitiva e pertanto oggetto di mero capo accusatorio.Alcune riflessioni vengono alla mente in tema di prevenzione, sicurezza e rispetto della privacy, tralasciando per un attimo il diritto d’informazione, specie in una società che va sempre più incontro alla utilizzazione dell’individuo in senso proprio, come pars construens del procedimento di riconoscimento, anche inteso nelle singole peculiarità del suo corpo e nelle loro capacità distintive. Una recente decisione della Food and Drug Amministration ha liberalizzato l’uso di Chip installati con metodi invasivi nei degenti, unicamente per finalità mediche, al fine di consentire il monitoraggio, l’identificazione di malattie e sintomi, la possibilità di intervento immediato di fronte ad esigenze mediche improvvise e l’interazione con strumentazioni esterne per l’immagazzinamento dei dati. L’utilizzo di tali nuovi supporti, come pars loquens  del corpo umano interconnessi, sovente, con strumenti di tipo biometrico, apre nuovi confini nella medicina, infinite eventualità nel diritto ed inevitabili fobie nel quotidiano. Immaginiamo per un attimo che tali strumenti possano essere utilizzati per il controllo dall’esterno dell’individuo, della sua mobilità, dei suoi interessi e della sua localizzazione. La possibilità di conoscere in tempo reale il luogo in cui un soggetto si trova, come una sorta di antifurto satellitare per autovetture, angoscia qualunque logica di rispetto della libertà personale e della privacy, anche laddove fosse utilizzata per monitorare gli spostamenti di individui ad elevato tasso di pericolosità sociale. Gia’ le fedeli carte di credito nell’utilizzo quotidiano tradiscono i nostri percorsi al di là dell’immaginabile. Tali supporti di plastica generano una schedatura completa dell’utente, forse ancor più precisa della profilazione occulta determinata dagli strumenti invisibili della rete. Nel quotidiano si effettuano una serie di operazioni tracciabili, di cui non ci si avverte, ma che ci identificano perfettamente grazie agli strumenti di pagamento (carte i credito bancomat, carte pre-pagate) che generano una vera e propria “identità di plastica”. Tali strumenti sono in grado di immagazzinare dati e di rivelare, attraverso libri e giornali, viaggi, cibi e più in generale ogni genere di acquisto, gusti personali, scelte politiche stato di salute (medicine) abitudini personali, frequentazioni e scelte culinarie. Un flusso di dati che attraverso canali in fibra ottica giungono ad un centro di raccolta.Una profilazione dell’utente ad alta fedeltà capace di insinuarsi profondamente nel privato e di svelare dati importanti, una vera e propria cuccagna per i fautori del marketing one-to-one e per il controllo non autorizzato della sfera privata.La scomparsa sempre più definitiva del denaro contante, che porta via con sé una grossa parte della tutela della vita privata, ad appannaggio delle carte plastificate, ci mette in vetrina in maniera costante ed inevitabile. Se è vero  che una delle problematiche più importanti legate al commercio telematico è l’imputabilità soggettiva in rete della “condotta telematica”, non potrà, però, non essere d’ausilio la scoperta che ognuno ha un proprio comportamento sulla tastiera, una propria capacità di rilascio della battitura ed un proprio time-to-click sul mouse. Così se con le carte di pagamento si genera un collegamento di riconoscibilità, altrettanto utilizzando il mouse. Se a tale esposizione aggiungiamo la possibilità di portarci appresso un chip che ci espone alla tracciabilità continua, rischiamo un effetto “Grande Fratello” che sarà l’incubo in itinere degli anni più prossimi. Un recente mensile ha pubblicato la notizia che in alcuni locali pubblici si gestiscono l’ingresso e le consumazioni attraverso un chip installato al momento dell’accesso, quindi, siamo già in vista delle applicazioni pratiche di tutto questo. Di fronte agli incalzanti prodigi della scienza  ed al mutamento irreversibile delle condizioni di vita è giusto porsi domande, fissare limiti, discutere sui conflitti tra utilità, progresso, etica, morale e diritto alla riservatezza e chiedersi se le conseguenze della possibile governabilità dell’individuo dall’esterno, in un prossimo se non immediato futuro, non siano da prevenire e da regolamentare, prima che la logica del business e la locomotiva tecnologica travolgano la capacità dell’uomo di essere ancora se stesso. 

 

 

02/03/2005

 

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