Rispondere alla crisi delle Pmi, operando in reti internazionali e sfruttando le opportunità dell’ICT.
L’economia della globalizzazione sta portando cambiamenti a tutti i livelli, mettendo in discussione i tradizionali modelli di business fondati su strutture imprenditoriali ricche di storia ed esperienza, ma soprattutto fondate su uomini-imprenditori, “portatori di idee e creatività”. Questo, almeno, ciò che si leva a gran voce nel nostro Paese, andando a guardare i settori del tessile, del mobile, della calzatura, ma anche - ad esempio - delle forniture per l’industria o dei semilavorati.
Il primo elemento di criticità che viene in mente è l’inadeguatezza di un modello di produzione e di lavoro rispetto a quanto proposto sui mercati emergenti, Cina e estremo Oriente in prima linea, in grado di sfornare prodotti a una frazione del costo necessario per lo stesso manufatto realizzato in Italia.
Tale situazione ha colpito indistintamente le piccole, le medie, le grandi imprese, in quanto tutte coinvolte in una catena del valore che ha – come risultato finale – il prodotto italiano, con le sue componenti e i suoi semilavorati.
E’ pur vero che la produzione interna può contare sulle realizzazioni ad elevato valore aggiunto, i prodotti di qualità “marchiati Made in Italy”, difficilmente sostituibili nelle preferenze dei consumatori di tutto il mondo; ma è altrettanto vero che di borse, abiti, cravatte, e poi ancora motociclette, automobili, oggetti di design “griffati” e collocati nelle più prestigiose vetrine di tutto il mondo se ne possono produrre un certo numero di esemplari, e – soprattutto – non se ne possono vendere più di un certo numero di esemplari, pena la rapida discesa del senso di esclusività. Infine è ancor più vero che il prodotto destinato ad una clientela premium e venduto al di fuori delle logiche del mercato di massa, non può rappresentare la soluzione definitiva per la miriade di piccole e piccolissime imprese che compongono il variegato mosaico del tessuto imprenditoriale italiano, nonostante si parli di “imprese motrici” e politiche di valorizzazione del made-in- Italy.
Ciò che non viene considerato con la dovuta attenzione, invece, è la possibilità di far comunicare fra loro le tante piccole e medie imprese, creando dei sistemi di raccordo (o snodi di servizio), attraverso i quali far transitare informazioni, contenuti, iniziative e strategie, ma anche forme nuove di comunicazione. La diffusione di internet presso gli utenti aziendali è ormai un dato di fatto, pertanto l’ostacolo rappresentato dalla tecnologia non è tale da limitare l’accesso ai servizi in rete da parte degli imprenditori.
L’ICT (Information Communication Technology) può essere considerata alla stregua di un’utile novità in tal senso, perché espressione di almeno tre concetti che tornano molto utili nel tentativo di far crescere “culturalmente” la struttura imprenditoriale: il reperimento di informazioni, la comunicazione efficace, l’innovazione della tecnologia a servizio dell’impresa.
Stimolare la cultura d’impresa e far crescere la struttura del sistema produttivo è il nuovo paradigma che consente di individuare se non soluzioni definitive, un buon numero di alternative in favore delle Pmi.
L’ICT è quel complesso di tecniche, procedure, strumenti con cui poter fare ricerca e sviluppo, studiare soluzioni, confrontare risultati, condividere iniziative e – ancora – sperimentare dei progetti. Con l’ICT si entra nel contesto più ampio conosciuto con il nome di E-Business, che vede coinvolti operatori e utenti nella gestione di “affari” grazie all’impiego di tecnologia e multimedialità.
Tutto questo – peraltro – si verifica sempre più spesso su scala internazionale, agevolando il contatto e lo scambio fra operatori che interagiscono proprio tramite la rete; sempre più numerosi sono infatti i casi di “affari on-line” nati fra imprenditori conosciutisi sul web, sia che questo avvenga direttamente che per il tramite di servizi di “matching” (incontro fra domanda e offerta).
Morale della favola: innovazione ! Quasi un imperativo oggi per uscire dalla fase di stasi per le Pmi (se non – come in molti settori – crisi), dovuta a politiche di sostituzione dei prodotti operate da parte di grandi gruppi, in grado di giocare sui volumi e quindi sui prezzi al consumatore finale.
Il mercato è ancora soggetto alle regole della domanda e dell’offerta, quindi alle preferenze e alle scelte da parte dei consumatori. A partire da questo presupposto, bisogna reinterpretare il modello di impresa, quindi avvicinarsi alle logiche di rete e alle tecniche di promozione più attuali.
Il patrimonio indiscusso dell’imprenditore italiano è la creatività e in molti casi la qualità; patrimonio che bisogna cercare in tutti i modi di difendere, ma soprattutto valorizzare, trasformandolo in fattore produttivo, al fine di creare nuovi spazi di mercato in cui inserirsi, uscando dal confronto diretto (basato sul prezzo o sulle quote di mercato) con i “nuovi grandi”.
L’integrazione e la convergenza delle tecnologie ci consente già oggi di lavorare in rete, condividere informazioni, dati, analisi e risultati, quindi inoltrare quesiti, proposte, dar vita ad iniziative. Numerose sono ormai le “soluzioni tecnologiche” in grado di semplificare le relazioni d’affari o di migliorare ulteriormente gli effetti della comunicazione d’impresa.
Nel primo caso, ad esempio, la struttura degli E-Marketplaces consente ad imprese dello stesso settore o di settori complementari di interagire e scambiarsi offerte ma anche servizi, quindi – ancor più importante – entrare in contatto e conoscersi sul piano delle strategie. Ancora, il sistema EBR (European Business Register) consente di ottenere informazioni standardizzate sulle imprese di tutta Europa, attingendo in automatico ai sistemi informativi nazionali, quindi valutare l’affidabilità di potenziali partner, prima di avventurarsi in parternariati all’estero.
Nel secondo caso, le tecnologie wireless (senza fili) presentano nuove forme di comunicazione (attualmente in fase finale di sperimentazione) che andranno a modificare le strategie di marketing di molte imprese, ottimizzando ancor più tempi e costi, in quanto capaci di apporre nell’aere un messaggio promozionale, che poi il sistema mobile (il cellulare o il palmare) catturerà automaticamente sul display, quando si entra nel punto vendita, con offerte personalizzate e informazioni aggiuntive sull’impresa o sul prodotto. Ancora, si potrà contare su servizi di personalizzazione sempre più spinti che le imprese potranno gestire e tenere sotto controllo in remoto, grazie a sistemi di business intelligence .
Il mercato cambia e con esso dovrà cambiare il modo di fare impresa. L’impresa – la piccola e media impresa – dovrà giocare due partite importanti: l’organizzazione e il marketing.
Parlando di organizzazione, dovrà puntare su modelli di sviluppo in rete rivolgendo l’attenzione a progetti di cooperazione internazionale e incubatori di progetti innovativi, quindi spingere sulla ricerca e sviluppo e sulla condivisione di obiettivi, sì da partecipare a programmi da cui attingere risorse (umane, finanziarie, manageriali).
Parlando di marketing, dovrà adottare strategie di marketing innovativo, studiando soluzioni di promozione e forme di comunicazione che rispondano a obiettivi di “dialogo” con il mercato, quindi fidelizzazione e soddisfazione di bisogni, gusti, preferenze.
Per fare tutto questo, l’impresa dovrà studiare, ragionare e apportare delle modifiche alla sua immagine come al suo posizionamento. Il mercato dovrà essere considerato come una grande centro commerciale, sottoposto a offerta continua di prodotti e servizi, dove il più grande e il più ricco può occupare gli scaffali migliori, mentre il più piccolo può muoversi velocemente e agevolmente cogliendo il momento e l’espressione migliore del consumatore, con cui iniziare a dialogare nel tempo per comprendere i suoi bisogni, le sue preferenze, i suoi desideri da soddisfare.
L’innovazione tecnologica consente di rendere sistematico questo processo di razionalizzazione, lo sguardo aperto sui mercati internazionali consente di trarre esperienze e risultati, quindi di condividere strategie di crescita nella fase di sviluppo.
Davide Diurisi
Studio Associato D&L
davidediurisi@studiodl.it
26/03/2005