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Le “Joint Ventures” e le nuove forme di aggregazione di imprese

Espressione oggi assai in voga, in quanto costituisce un importante strumento di collaborazione fra imprese, utilizzabile sia nel campo produttivo, commerciale che della ricerca, la Joint Venture è un istituto che nasce nella “Common Law”, dove tale espressione viene utilizzata per indicare forme assai eterogenee di collaborazione temporanea fra 2 o più imprese, volte alla realizzazione di un obiettivo comune. La joint venture, che originariamente figurava come un accordo con cui più imprese di uno stesso Paese si univano per la realizzazione di un obiettivo di comune interesse, si è trasformato successivamente in uno strumento sempre più frequentemente utilizzato in ambito internazionale, al fine di sviluppare forme complesse di collaborazione fra imprese appartenenti a Paesi diversi. La diffusione di tale strumento al di fuori dei confini nazionali è stata senz’altro favorita dal processo di progressiva liberalizzazione degli scambi internazionali e di integrazione dei mercati mondiali. In Europa, dove la nuova figura contrattuale è stata immediatamente recepita, dando talvolta vita ad istituti del tutto particolari, quali ad esempio l’association momentanè belga, o l’Arbeitsgemeinschaft tedesca, il termine viene oggi utilizzato in un’accezione assai ampia, riferendola a qualsiasi iniziativa congiunta da parte di più imprese. In Italia, dove la realizzazione di tali iniziative congiunte viene perseguita tradizionalmente attraverso forme giuridiche diverse, fra le quali, oltre ai consorzi, attraverso istituti più recenti, quali le A.T.I. (Associazioni temporanee di imprese) ed i GEIE, non esiste una forma giuridica assimilabile alla J.V. Un breve cenno va fatto alla cd. “Associazione Temporanea di Imprese” (A.T.I.), figura espressamente disciplinata dal nostro ordinamento e sviluppatasi nella prassi contrattuale, nel campo della collaborazione tra imprese per la realizzazione di opere pubbliche. A regolare l’A.T.I. è la legge n. 406/91, emessa in attuazione della Direttiva CEE n.89/444. Si tratta tuttavia di una figura che opera esclusivamente nel settore degli appalti pubblici: attraverso questa forma associativa si è voluto infatti dare la possibilità anche alle piccole imprese di eseguire - in forma congiunta - opere o, comunque, operazioni economiche che per la loro onerosità o complessità tecnica, organizzativa o finanziaria, e per i relativi rischi, difficilmente potevano essere realizzate da imprese di piccole dimensioni. Quanto al G.E.I.E. (Gruppo Europeo di Interesse Economico), esso rappresenta una forma associativa, utilizzabile esclusivamente in ambito comunitario, volta a favorire la cooperazione tra società, enti, professionisti od anche persone fisiche appartenenti ad almeno due Stati membri dell’U.E. Tale figura, creata dal legislatore comunitario ed introdotta in Italia con d.lgs. 240/1991, ha lo scopo di favorire lo sviluppo di forme di integrazione fra attività economiche in ambito comunitario. La figura in questione presenta tuttavia notevoli limiti, che pongono un freno alla sua utilizzabilità; primo fra tutti, l’impossibilità di avvalersene per lo svolgimento di attività di produzione industriale.
Tra tutte le forme di aggregazione d’impresa esaminate, la joint venture è sicuramente la più elastica. Per questo motivo si presta ad essere utilizzata anche in ambito internazionale, dove sicuramente contribuisce ad abbattere i rischi d’ingresso nei nuovi mercati, permettendo la condivisione di questi ultimi con un partner estero. Ciò assume particolare rilevanza soprattutto quando si tratta di Paesi lontani e non omogenei culturalmente con i nostri.
Anche nel nostro Paese, al di là dell’assenza di un espresso riconoscimento legislativo dell’istituto, l’espressione “joint venture” è divenuta oramai di uso comune. La stessa giurisprudenza già da tempo ricorre al termine in questione per qualificare quelle forme di associazione fra in imprese non riconducibili nelle tradizionali forme di aggregazione istituzionalizzate dal nostro ordinamento giuridico. Lo testimoniano ad esempio alcune pronunce della giurisprudenza di merito e di legittimità che risalgono alla metà degli anni ‘90. A quest’ultimo proposito, vedasi la sent. n. 6757/2001 della Corte di Cassazione, che nell’intento di tracciare una linea di demarcazione tra tale istituto e quello dell’associazione in partecipazione, ha chiarito che con il termine “joint venture” devono intendersi quelle “forme di associazione temporanea di imprese finalizzate all’esercizio di un’attività economica in un settore di comune interesse, nelle quali le parti prevedono la costituzione di una società di capitali, con autonoma personalità giuridica rispetto ai ‘converters’, alla quale affidare la conduzione dell’iniziativa congiunta”. In realtà la fattispecie così come delineata dalla suprema Corte, individua una tipologia del tutto particolare di J.V.: la cd. “corporate joint venture” o “joint venture societaria”, la cui particolarità consiste nella costituzione di un soggetto giuridico autonomo, cui le aziende associate imputeranno l’azione comune.
Ma nella pratica tale soggetto autonomo non sempre viene costituito, potendosi instaurare tra le aziende un mero rapporto di tipo contrattuale: in tal caso saremo invece di fronte ad una “non corporate joint-venture” o “joint venture contrattuale”.
Dal punto di vista formale, l’impianto di un contratto di joint-venture è caratterizzato di solito da un accordo-base cui afferiscono una serie di accordi accessori o ‘accordi satellite’ (es. accordi di protezione del marchio, di cessione del know-how, contratti di assunzione, ecc.), i quali, tutti insieme danno corpo ad un sistema di contratti, dei quali l'accordo base costituirà la chiave di riferimento essenziale per la loro interpretazione.
Per le joint ventures da costituire all’estero, gli imprenditori nazionali possono oggi trovare un prezioso supporto nella SIMEST (Società Italiana per le Imprese all’Estero), la quale opera attraverso una rete di qualificati professionisti (oggi distaccati anche presso gli Sportelli Regionali per l’Internazionalizzazione), e che offre assistenza e consulenza nel montaggio di tali tipi di operazioni, soprattutto sotto il profilo finanziario.

Avv. Danilo Desiderio
Studio Desiderio – Avellino

 

 

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