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Caso Peppermint: che fine ha fatto la privacy?

Con riferimento al famigerato caso Peppermint, nonostante alcuni reclami di Isp siano stati respinti dal Tribunale di Roma, ci tengo a ricordare che vigono in Italia norme severe, previste dal Codice Privacy e dal codice di procedura penale, a tutela degli utenti e dei fornitori di servizi di connessione. Innanzitutto informazioni relative ai contenuti ed all'identità dei condivisori in P2P possono essere carpite all'insaputa, a seguito di intercettazioni telematiche, esclusivamente dalle Autorità di Polizia e Giudiziaria. Le altre sono abusive, illecite penalmente e per giunta non utilizzabili in giudizio. Inoltre i dati personali possono essere utilizzati per l'esercizio di azioni giudiziarie solo se espressamente raccolti e conservati a tal fine. I provider dunque non potrebbero mettere a disposizioni le informazioni relative alle persone nè tantomeno i contenuti scaricati, salvo che non vi sia richiesta da parte delle Autorità che svolgono indagini penali, le uniche per altro legittimate alla conduzione di intercettazioni telematiche.

Conformemente a quelle che sono le opinioni di un umile giurista di provincia, già l'anno scorso l'Avvocatura dello Stato esprimeva la posizione del Governo italiano alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con riferimento all'analoga vicenda spagnola Promusicae c.Telefonica (richiesta di disclosure di identità e contenuti scaricati da utenti Kazaa): "Il diritto comunitario, nello specifico gli artt. 15, n. 2, e 18 della direttiva del Parlamento europeo e dei Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno; gli artt. 8, nn. I e 2 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione; l’art. 8 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, e gli artt. 17, n. 2 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, impone agli Stati membri di circoscrivere all’ambito delle indagini penali o della tutela della pubblica sicurezza e della difesa nazionale – ad esclusione, quindi, dei processi civili – il dovere di conservare e mettere a disposizione i dati sulle connessioni ed il traffico generati dalle comunicazioni effettuate durante la prestazione di un servizio della società dell’informazione, che incombe agli operatori di rete e di servizi di comunicazione elettronica, ai fornitori di accesso alle reti di telecomunicazione ed ai fornitori di servizi di conservazione dei dati. Roma, 13 ottobre 2006 Avvocato dello Stato Sergio Fiorentino".

Riporto infine l'opinione, a mio parere pienamente condivisibile, recentemente espressa dal Garante della Privacy a proposito dell'affaire Peppermint:

"Gli approfondimenti svolti hanno permesso di rilevare che vi sono rilevanti profili attinenti specificamente alla protezione dei dati personali. Allo stato degli atti disponibili tali profili non comprovano la liceità e la correttezza del trattamento svolto dalle società a prescindere dalla circostanza che si tratti di dati di traffico. I medesimi profili attengono, in particolare, alla liceità stessa del monitoraggio in rete, alla notificazione dei trattamenti, al prior checking e all'informativa preliminare agli utenti interessati. Pertanto, questa Autorità ha instaurato contestualmente un distinto procedimento amministrativo di controllo per verificare autonomamente la liceità e la correttezza dei trattamenti dei dati personali effettuati dalle predette società unitamente alla Logistep AG". 

Avv. Manuel M. Buccarella

manuel@newglobal.it

 

16/07/2007

 

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