(pubblicato su QUESTIMPRESA, Bollettino di Confapi di Lecce, anno 1, n. 7, settembre 2000, pag. 2, e su Diritto & Diritti, Rivista giuridica Elettronica, pubblicata su internet all'indirizzo http://www.diritto.it, ISSN 1127-8579, Settembre 2000)
Vendere o acquistare beni e servizi all'estero comporta problemi ben più complessi rispetto a quelli che si incontrano negli scambi all'interno dello Stato italiano, ma, come è noto, la globalizzazione dei mercati porterà inevitabilmente le imprese italiane a doversi confrontare con partners stranieri (intra o extra UE).
La redazione di un contratto internazionale comporta varie problematiche alle quali non sempre siamo abituati. Basti pensare che alla base della regolazione del rapporto non sarà presente un completo apparato di articoli come quelli inseriti nel nostro codice civile, ma il tutto sarà affidato alle tante oscillanti Convenzioni Internazionali ed agli usi e consuetudini del commercio internazionale (lex mercatoria).
I dubbi più comuni che l'imprenditore che si confronta con i mercati esteri potrà incontrare, possono essere riassunti esemplificativamente in:
- legge regolatrice del rapporto;
- risoluzione delle controvesie;
- forma dell'accordo;
- lingua da utilizzare;
- usi e consuetudini diverse nelle definizioni.
Tralasciando le prime tre problematiche, che da sole meriterebbero una più completa trattazione, - ci limitiamo a riferire comunque che certamente il contratto internazionale, per maggiori garanzie, va redatto per iscritto….- cercheremo di soffermarci su quella che forse è oggetto di maggiori dubbi e controversie nelle trattative commerciali, e cioè la lingua da utilizzare nella redazione del contratto definitivo.
In primo luogo occorre dire che è certamente preferibile attribuire il valore ufficiale del contratto soltanto ad una lingua. A riguardo, si suggerisce (e comunque normalmente si utilizza) una lingua "neutra" come potrebbe essere l'inglese, vista la diffusione e la conoscenza della stessa in campo internazionale, e in modo che le parti siano poste sullo stesso piano.
In ogni caso, l'utilizzo della lingua "neutra" (spesso poco conosciuta dalle stesse parti), può provocare nuovi problemi: clausole poco chiare, termini con significati ambivalenti, definizioni che nel sistema giuridico della lingua di riferimento poco significano, (per esempio il concetto di "forza maggiore" non esiste nel sistema della Common Law). Per superare tali problemi ed eliminare eventuali dubbi interpretativi, l'unico modo rimane quello di inserire all'interno del contratto - che comunque va scritto in maniera il più chiara ed elementare possibile - una "clausola di definizione" dove chiarire il significato di ogni termine inserito lungo l'intero testo del contratto.
Per fare un esempio:
Definitions: For the purposes of this agreement the following words and terms shall have the meaning set forth below:
- the term "Exclusive Products"shall mean:…………;
- the term "Not Exclusive Products" shall mean:……..; ecc
Definitions - In this agreement the following terms shall have the following meanings hereinafter set forth:
"Products"……..(seguito dall'elenco dei prodotti);"Territory": the State(s) of……………..