Provider ed e-mail probatorie
La decisione del Tribunale di Cuneo di emanare un decreto ingiuntivo valutando che la produzione di alcune e-mail intercorse tra le parti potesse configurare “prova scritta”, ha destato in primo luogo lo stupore di quei giuristi che, nonostante non fossero di per sé diffidenti verso l’innovazione tecnologica in genere, pensavano che l’ultimo luogo in cui sarebbe entrata una e-mail sarebbe stata un’aula di Tribunale; secondariamente ha scatenato il dibattito, in ordine agli scenari aperti dal giudice piemontese, nelle principali mailing list ed i forum dedicati al cyberspazio, frequentati da giuristi e non (per tutti segnaliamo l’intervento dell’Avv. Andrea Lisi - www.scint.it - che, con chiarezza e precisione, individua le principali problematiche legate all’utilizzabilità in giudizio delle e-mail). In questa sede cercheremo di capire il ruolo che i provider rivestono nello scambio di messaggi di posta elettronica e come di conseguenza si possa dissipare la generale diffidenza verso l’utilizzabilità processuale dei messaggi e-mail, per lo più giustificata dalla facilità con cui è possibile falsificarne contenuto e mittente. Nella prospettiva che i messaggi e-mail vengano diffusamente prodotti in giudizio, i provider assumono un’importanza fondamentale: gli Internet Service Provider o più semplicemente provider sono soggetti privati, per lo più imprenditori (ma possono essere anche enti accademici, consorzi tra università, ecc.) che, dopo aver ricevuto la disponibilità di linee telefoniche e l’assegnazione di numeri IP dall’ente preposto all’assegnazione (per L’Europa : RIPE Network Coordination Center) mettono a disposizione degli utenti, consumatori o imprenditori, una connessione ad Internet per un periodo di tempo prestabilito a fronte di un corrispettivo. I provider pur essendo estranei alla comunicazione tra le parti, non sono terzi in senso proprio in quanto assumono contrattualmente l’obbligo di fornire determinati servizi e tra questi, tutti quelli relativi all’invio ed alla ricezione della posta elettronica. Ogni provider mette a disposizione di ogni utente uno “spazio” nella memoria dei propri server nel quale vengono ricevuti, conservati e smistati tutti i messaggi di posta elettronica. Ma l’aspetto dell’attività dei provider che qui maggiormente interessa è la predisposizione di registri informatici detti log in cui vengono salvati tutti i messaggi di posta elettronica inviati e ricevuti da ogni utente al fine di prevenire ogni contestazione da parte degli utenti in ordine alla effettività del servizio, alla quale il provider è contrattualmente obbligato. Inoltre, tutti i messaggi, inviati e ricevuti, possono essere recuperati con appositi software - anche se cancellati - e quindi non vengono mai radicalmente distrutti. Questo sistema offre la possibilità al giudice, in caso di controversia, di richiedere a ben due soggetti (provider di invio e di ricezione) di dare controprova dell’avvenuto scambio di e-mail perché di ognuna di queste rimanga traccia nei log di entrambi. Dopo la pronuncia del giudice di Cuneo, è probabile che si diffonda tra i provider la tendenza ad aumentare i livelli di sicurezza dei propri database, nella prospettiva di poter essere chiamati in giudizio per fornire al giudice la controprova della avvenuta corrispondenza telematica, assolvendo di fatto la funzione di “notai” della rete. Com’è noto, il decreto ingiuntivo a seguito di mancato pagamento, viene emesso sulla base di documenti prodotti in assenza di contraddittorio ed è in questo che la pronuncia del giudice di Cuneo ci pare particolarmente innovativa perché sembra concedere una sorta di “presunzione” di veridicità alle e-mail prodotte (salvo il diritto di opporsi in opportuna sede per la parte contro cui l’e-mail è stata prodotta). È perciò facile immaginare che, qualora se ne ravvisasse la necessità e l’opportunità, sarà la società convenuta ad avere l’onere probatorio di dover richiedere al proprio provider , ed eventualmente a quello di controparte, di certificare che le e-mail in oggetto non possono essere in alcuna maniera attribuite a persona certa. Il problema della falsificazione è senz’altro reale, ma probabilmente sopravalutato nel senso che, se è senz’altro possibile inviare messaggi di posta elettronica apparentemente attribuibili ad altri o addirittura anonime, registrandosi presso un qualsiasi provider con un nome di fantasia e di un altro soggetto (condotta che costituisce comunque reato) è altrettanto vero che di questa operazione rimane traccia non solo sul provider di invio ma anche su quello di ricezione con tutte le conseguenze civili e penali che vi fanno seguito. L’apporto dei provider in giudizio trova tuttavia alcuni ostacoli difficilmente ad oggi superabili: nessun provider può accertare l’identità di chi scrive il messaggio. Fin quando i processi di autenticazione basati su rilevamenti biometrici (come scansione della retina o dell’impronta digitale) non saranno di uso comune, la certezza della paternità di un e-mail rimarrà legata a doppio filo, oltre che alle problematiche in tema di firma elettronica, alla fiducia degli operatori in questo mezzo ed al prudente apprezzamento del giudice nella fase giudiziale. Il problema assume tuttavia scarsa rilevanza nei rapporti tra imprese, in quanto le conferme inviate via fax con carta intestata possono arginare la casistica nelle previsioni normative in tema di falsus procurator. Infine può essere interessante suggerire alcuni accorgimenti meramente pratici in conseguenza della acquisito “rango” della posta elettronica: in primo luogo richiedere una conferma di lettura unitamente ad ogni messaggio. In questo modo l’e-mail deve essere riscontrata al momento della lettura con l’invio di un nuovo messaggio di prova dell’avvenuta notifica. Può poi essere utile adottare la buona abitudine di ricopiare su ogni messaggio il contenuto dell’e-mail precedentemente ricevuta in modo da dare continuità alla corrispondenza in previsione di una possibile ed eventuale contestazione circa l’autenticità di una o più e-mail. Occorre quindi prendere atto che, alla sempre maggiore diffusione della posta elettronica negli scambi commerciali e professionali, deve corrispondere un discreto onere a carico di tutti i provider in vista del possibile sviluppo dell’utilizzo probatorio delle e-mail nel contenzioso giudiziale. Stefano Camerini
09/02/2004