Che PEC-cato! La posta elettronica certificata tra equivoci e limitati utilizzi concreti
Che PEC-cato!
La posta elettronica certificata
tra equivoci e limitati utilizzi concreti
A cura di Andrea Lisi e Gianni Penzo Doria
1. Premessa
Con il DPR 11 febbraio 2005, n. 68, è stata introdotta nel nostro ordinamento la posta elettronica certificata (PEC). Nelle corrette intenzioni del legislatore, avrebbe dovuto trattarsi di uno strumento indispensabile per l’informatizzazione della PA, destinato ad affiancare il documento informatico e la firma digitale, ma senza sostituirli.
A colpi di slogan e con fughe in avanti che hanno prodotto e produrranno più incertezza giuridica che applicazioni concrete – tra le quali annoveriamo la discutibile e per certi versi incomprensibile CEC-PAC – si sta in questi giorni tentando la strada di far passare il concetto che il testo contenuto in una PEC sia equiparabile a un documento sottoscritto digitalmente. Questo concetto è pericoloso e profondamente sbagliato sotto diversi aspetti e va criticato con forza.
Non ci soffermeremo pertanto nell’analisi delle tante problematiche dello strumento “PEC", ma ci limiteremo a segnalare le conseguenze giuridiche e organizzative generate da un’applicazione poco meditata delle ultime normative entrate in vigore in materia.
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