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Il misterioso caso sul valore dell'e-mail: ma l'e-mail esiste?

***il presente articolo sarà a breve pubblicato sul Corriere delle Telecomunicazioni nella Rubrica settimanale  "Diritto & Internet" curata dall'avv. Andrea Lisi*** Il tema verrà ulteriormente sviluppato e approfondito in un articolo che sarà a breve on line su vari siti web, oltre che su scint.it!

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La rilevanza giuridica di una e.mail e la sua producibilità in giudizio sono temi divenuti, in queste ultime settimane, di grande attualità. Il dibattito ha suscitato vasta eco sul web (da una parte punto-informatico.it e scint.it a sostenere un rilievo giuridico formale alle e.mail; dall’altra interlex.it a negare loro qualsiasi rilevanza), a seguito dell’emissione da parte del Tribunale di Cuneo di un decreto ingiuntivo (n. 848/03) sulla base della sola produzione di alcune mail. In questi giorni è stato pubblicato su scint.it alla pagina http://www.scint.it/news_new.php?id=415 un altro decreto ingiuntivo (questa volta emesso dal Tribunale di Bari) basato anch’esso essenzialmente su un riconoscimento di debito contenuto in una e.mail.

Come già detto, si sono da subito contrapposte due tesi: quella sostenitrice dell’e.mail quale documento informatico provvisto di firma elettronica leggera e, quindi, idoneo a soddisfare la “forma scritta” e quella, di segno opposto, che vede nell’e.mail una mera riproduzione meccanica, anzi - di più! -  un “documento anonimo”.

In assenza di una univoca presa di posizione da parte della giurisprudenza, dal dibattito di questi giorni è emerso un punto comune ai vari esponenti delle due contrapposte correnti dottrinali: il caos interpretativo è dovuto ad una normativa fin troppo oscura e foriera di dubbi (il riferimento è al noto D.P.R. 445/2000, così come modificato dal D.Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10, dalla legge 16 gennaio 2003, n. 3 e dal D.P.R. 7 aprile 2003, n.137). L’auspicio di tutti è, quindi, quello di un intervento chiarificatore  del legislatore.

In attesa di una riforma organica, all’interprete non resta che leggere cum grano salis le norme in vigore secondo il significato proprio delle parole e l’intenzione del legislatore.

In ossequio a tale dovere, può dirsi che dell’ampio ventaglio di firme elettroniche previste dal legislatore la sola firma digitale (ovvero, a certe condizioni, anche la firma elettronica avanzata) assicura quell’ampio grado di genuinità e certezza al relativo documento che, così, fa piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni di chi l’ha sottoscritto. Ma occorre anche analizzare il punctum dolens della questione che consiste nell’individuare l’esatto valore giuridico di una e.mail (strumento oggi molto utilizzato negli scambi commerciali, a differenza della firma digitale…).

Abbiamo già avuto modo di sostenere - e in questa sede non si hanno motivi per cambiare idea - che l’immissione di ID e PW, incrociata ad altri dati contenuti nell’e.mail (headers, “sottoscrizione” in corpo alla stessa), possa soddisfare  i requisiti legali di autenticazione idonei a fare dell’e.mail un documento provvisto di firma elettronica leggera.

Invero, tralasciando le diatribe in ordine a genuinità e sicurezza del contenuto di una e.mail (che comunque esulano dagli aspetti giuridici della questione…quanto è sicuro un fax?), può sostenersi che l’invio di un messaggio di tale genere presuppone una sorta di riconoscimento indiretto dell’utente al momento dell’utilizzo del servizio.

Ed è proprio questa fase a segnare, almeno a parere di chi scrive, quell’autenticazione (e non validazione prevista dalla legge solo per la firma digitale) richiesta dal legislatore per aversi un documento informatico provvisto di firma elettronica leggera.

Questa interpretazione, peraltro, sembra capace di dare maggiore valenza giuridica a tali particolari tipi di messaggi che, oggi, rappresentano uno tra i più diffusi modi di comunicare. Dai semplici invii di auguri, alle proposte contrattuali, miliardi di bit trasmettono una mole sconfinata di informazioni. Si tratta di un fenomeno che non può essere relegato ai confini del giuridicamente rilevante: ad esso infatti sono sottesi fin troppi rapporti interpersonali anche di carattere economico.

Senza dimenticare, infine, che mentre l’invio di e.mail avviene a costi veramente irrisori – quasi vicini allo zero – l’utilizzo della firma digitale necessita di una smart card personale il cui prezzo non è del tutto irrilevante.

È da auspicare, quindi, che lo strumento della posta elettronica dopo aver incontrato tanta fortuna tra gli internauti possa avere maggiore attenzione da parte del nostro legislatore.

(A. Lisi - M. De Giorgi)


 

12/02/2004

 

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