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Essere o non essere: i moderni dubbi amletici di una e.mail anonima!

Nuovo articolo su e.mail, firma elettronica e "forma scritta" dell'avv. Lisi

Premesse

L’ultima polemica sorta in merito alla rilevanza giuridico-processuale delle e-mail potrebbe essere interpretata come una rilettura in chiave moderna della famosa opera shakespeariana: esistiamo oppure no si staranno chiedendo i milioni di messaggi di posta elettronica che tutti giorni transitano nel web!

Nelle ultime settimane, infatti, la rilevanza giuridica di una e.mail e la sua producibilità in giudizio sono temi divenuti di grande attualità. Il dibattito ha suscitato vasta eco sul web e sulla stampa nazionale a seguito della pubblicazione su un sito giuridico (1) di un decreto ingiuntivo (n. 848/03) emesso dal Tribunale di Cuneo sulla base della sola produzione di alcune mail (2).

In questi giorni è stato pubblicato sul sito http://www.scint.it alla pagina http://www.scint.it/news_new.php?id=415 un altro decreto ingiuntivo (decreto ingiuntivo n. 89/04 questa volta emesso dal Tribunale di Bari) basato anch’esso essenzialmente su un riconoscimento di debito contenuto in una e.mail (3).

Due animate e contrapposte tesi giuridiche si sono confrontate nel web giuridico: quella sostenitrice dell’e.mail quale documento informatico provvisto di firma elettronica leggera e, quindi, idoneo a soddisfare la “forma scritta” e quella, di segno opposto, che vede nell’e.mail una mera riproduzione meccanica -  anzi di più! -  un “documento di fatto anonimo, anche se reca l’indirizzo di un mittente”. Ma allora le e.mail sono documenti rilevanti processualmente oppure questi messaggi sono assolutamente “anonimi” e privi di qualsiasi significato tanto da far risultare questi due procedimenti sommari un “abbaglio giurisdizionale” privo di qualsiasi logica giuridica?

 

L’e-mail è un documento anonimo?

Giuridicamente parlare di documenti anonimi è un po’ difficile…

In diritto, si è parlato di società commerciali “anonime” (con riferimento alle società per azioni o a responsabilità limitata i cui soci non assumevano alcuna responsabilità oltre il limite delle quote o azioni possedute e non figuravano con il loro nome nella ragione sociale) e di documenti “segreti” (ma con riferimento alla loro inviolabilità e, quindi, ai conseguenti delitti contro l’inviolabilità dei segreti): per quanto riguarda, in particolare, questi ultimi documenti giova ricordare che la Sezione V del Codice Penale Italiano all’art. 616 c.p. – Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (4) opera una parificazione tra corrispondenza “epistolare, telegrafica o telefonica, informatica o telematica” (come si spiegherebbe la violazione di un segreto contenuto in un “documento anonimo” sarà arduo compito degli esegeti riuscire a capirlo…).

In senso un po’ meno giuridico si è parlato di “anonima omicidi” o “sequestri” (in caso di associazioni criminose), ma tutto ciò ha evidentemente poco a che fare con i nostri discorsi…

Per fare un po’ di ordine proviamo allora a capire, prima di tutto, cosa sia un documento e  se l’e-mail possa esserlo... [continua su Punto Informatico e Altalex  a partire dal 18 marzo 2004... ]


note:

([1]) Studium Fori alla pagina http://www.studiumfori.it/visallex.php?id=1474.

([2]) Poiché ancora si legge in alcuni articoli che il decreto ingiuntivo sarebbe un “atto di parte” (errare è umano, ma perseverare è diabolico…), si ricorda, una volta per tutte, qualche nozione elementare di diritto processuale civile. Il procedimento di ingiunzione (previsto nel nostro cod. proc. civ. dagli artt. 633 e ss.) è una forma speciale e abbreviata del normale processo di condanna, dal quale differisce non per la funzione, ma per la struttura: all’“accertamento contenzioso” è sostituita una “cognizione sommaria”, con la quale si giunge ad un decreto di condanna. Il decreto ingiuntivo è, quindi, un provvedimento emesso da un Giudice in un procedimento di natura sommaria e, quindi, per definizione non è “di parte” come qualcuno ha arditamente riferito in questi giorni. Il Giudice emette un decreto ingiuntivo se sono presenti i requisiti contenuti nell’art. 633 c.p.c.: tra questi requisiti al punto 1) c’è anche la “prova scritta”.  Nel suo provvedimento il Giudice di Cuneo dice testualmente “visti gli artt. 633, 634 ingiunge (…)”: il Giudice, quindi, ha deciso di emettere il decreto sulla base del combinato disposto di due norme: gli artt. 633 e 634 c.p.c.; l’art. 634 c.p.c. altro non è che una “spiegazione” del nostro legislatore su cosa debba intendersi per  “prova scritta”…quindi, è indubbio che il Giudice ha sostenuto la tesi secondo la quale l’e.mail è equipollente a un documento scritto!

([3]) In verità, a sostegno del suo ricorso l’avv. T. Terrevoli ha depositato anche il contratto sottoscritto tra le parti e alcune prenotule, ma appare ovvio che anche in questo caso la “prova scritta” del debito (condicio sine qua non per la concessione del decreto ai sensi dell’art. 634 c.p.c.) è stata senz’altro “la dichiarazione di debito del 22.05.2003 trasmessa a mezzo e-mail”.  Infatti, giova precisare che "i documenti di provenienza unilaterale del creditore non rivestono di regola efficacia probatoria, salva la previsione del comma 2 dell'art. 633 (e cioè gli estratti autentici)" (Cass. 92 n. 11613),  mentre “ritiene concordemente la giurisprudenza che la promessa di pagamento e la ricognizione del debito (…) valgano come prova scritta” (Cass. 77 n. 3150) ; “tra i documenti considerati dall'art. 634 c.p.c. come prove "tipiche" rientrano le promesse unilaterali per scrittura privata, i telegrammi ed ora anche i telex e i fax” (C. App. Napoli 17.3.89; T. Ascoli 7.8.80; C. App. Ancona 5.4.82)  e anche "le copie fotostatiche" (Tribunale Milano 3.1.85)… e adesso anche le e-mail!

([4]) Sezione V - Dei delitti contro la inviolabilità dei segreti – art. 616 c.p. Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza. — Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prender cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da trenta euro a cinquecentosedici euro.

Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Agli effetti delle disposizioni di questa sezione, per «corrispondenza» s’intende quella epistolare, telegrafica o telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza.

17/02/2004

 

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