Typosquatting: una nuova pronuncia del Centro risoluzione dispute domini
Typosquatting: ma il Crdd pone dei limiti!
I nomi a dominio continuano a costituire mezzi di deviazione degli utenti a scopi commerciali. È di questi giorni una nuova pronuncia del Centro risoluzione dispute domini, nella quale si analizza una vicenda circa la nuova tecnica del “typosquatting” ovvero quella pratica di chi effettua una registrazione di un nome a dominio molto simile ad altri domini o marchi noti e conosciuti, differenziandosi da questi per minime difformità letterali imputabili spesso a errori di digitazione.
La disputa è alquanto recente risalendo alla fine di luglio, quando la Essse Caffè SPA di Bologna avviava una procedura di riassegnazione (come previsto ex art. 16 regole di naming) per ottenere il trasferimento di un nome a dominio registrato da un signore di Prato, consistente in www.essecaffe.it: il nominativo della ricorrente meno una “s”.
Sul sito oggetto del contendere, alcun contenuto specifico, semplicemente una proposta di offerta per gli interessati alla registrazione di nomi a dominio, che venivano così invitati a visitare www.tuonome.it. La Essse Caffè lamentava così che il titolare del nome di dominio contestato altro non aveva fatto che “cavalcare” la notorietà dell’azienda – peraltro azienda operativa a livello internazionale – al fine di avere una ampia visibilità da parte di soggetti che digitando erroneamente l’URL si sarebbero visti proporre un servizio ben diverso da quanto richiesto.
La disputa è stata conclusa con la disposizione del trasferimento del dominio www.essecaffe.it alla Essse Caffè SPA sulla base di quanto disposto all’art. 16.6 regole di naming. Lo stesso stabilisce che il requisito che primariamente deve essere verificato per valutare l’opportunità di riassegnazione o meno del nome a dominio oggetto di contestazione, è quello della identicità o similitudine tali da indurre in confusione gli utenti rispetto ad un marchio o ad un nome proprio di cui è titolare il ricorrente. Nel caso specifico l’induzione in errore appare palese, infatti il Crdd ha elencato tutte quelle ipotesi al cui ricorrere si sarebbe potuto prospettare un qualche diritto del resistente: ad esempio nel caso in cui il sito avesse ospitato promozioni commerciali autonome, o in qualche modo il nome a dominio fosse stato riconducibile ad un nominativo di altra azienda anche priva di registrazione del rispettivo marchio, o di un’associazione o ente. In tal caso il Crdd avrebbe dovuto comparare le posizioni dei pretendenti anche in considerazione dei diritti acquisiti dal primo assegnatario con la registrazione. Ma l’assenza totale di un qualche interesse o colleganza con il nome a dominio registrato ha indotto il Crdd ha concludere come la registrazione del nome a dominio sia avvenuta in totale mala fede ovvero con l’intenzione esclusiva di trarre da un errore di digitazione degli utenti visibilità e promozione commerciale del sito www.tuonome.it.
Una decisione poco contestabile a parere di molti soprattutto perché proiettata in un’epoca di assoluto sfruttamento della notorietà commerciale altrui approfittando dei potenti mezzi messi a disposizione della rete!!!
fonte:
Avv. Valentina Frediani
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