ICT: L'opinione della Free Software Foundation sul Patto anti-pirateria di Sanremo
Antipirateria a Sanremo: un Patto d'Onore o un Mucchio Selvaggio
Mega-celebrazione a Sanremo del Patto anti-pirateria: grandi editori e burocrazie pubbliche contro cittadini e buon senso. Avessero almeno copiato bene il compito!
di Emmanuele 'exedre' Somma <esomma@ieee.org>
La commissione e-Content è stata chiamata a fare un "serio studio" sul vasto mondo di Internet, con una "approfondita analisi dello sviluppo del mercato dei contenuti digitali, tenendo conto del contesto internazionale e delle innovazioni tecnologiche". Un compito non facile affrontato sin dall'inizio con un'ottica limitata, una superficialità colpevole e una fretta ingiustificata vista la vastità dell'argomento da trattare e la centralità dell'argomento nell'ambito della Società dell'Informazione. [1]
Scusa di tanta fretta la necessaria formulazione di una veloce proposta legislativa di azzeramento della Legge Urbani che, a più di un anno dall'emanazione del decreto è ancora oggi in vigore dopo molteplici solenni impegni di modifica mai mantenuti dal governo. Le modifiche proposte risultano essere addirittura peggiori del male, se possibile. [2]
Ripercorrendo il lavoro della Commissione si nota che il tradimento fondamentale della propria stessa ragion d'essere è lampante nella completa assenza di una metodologia per affrontare il "serio studio" in questione. Tutto si è ridotto alla semplice registrazione delle petizioni degli ammessi a quella sorta di "liturgia della questua" secondo un rituale mai ben precisato. Con le organizzazioni convenute alle audizioni ne ruolo di elemosinanti, in posizione di sudditanza da una amministrazione dall'umore mutevole e lunatico.
Per mantener fede all'italica tradizione corporativismo, il risultato principale della Commissione è stato un documento di "linee guida per l'adozione di codici di condotta ed azioni per la diffusione dei contenuti digitali nell'era di Internet", sottoposta alla firma della lunga teoria degli auditi.
Agenda nascosta: la concertazione tra i 'padroni del vapore' per il lancio 'al buio' di una forte iniziativa a favore dei sistemi DRM (Digital Rigths, o piuttosto Restrictions, Management, ovvero Gestione delle restrizioni ai diritti digitali dei cittadini), cioè un complesso di misure tecnologiche e legislative che porranno nelle mani delle aziende produttrici e distributrici la gestione delle limitazioni d'uso e di proprietà sui beni digitali, ponendo in chiara posizione di debolezza sia autori che fruitori. Per chi non firma il Patto di Sanremo si profila la solita pubblica gogna moralistica di essere "dalla parte dei pirati". [3]
Esclusi dalla "spartizione" della gloria sanremese: i consumatori, bestie da macello, e le voci non allineate, come la Free Software Foundation; una esclusione, quest'ultima, pesante perchè, come qualcuno disse al tempo, parlare di Internet ed escludere la Free Software Foundation è come fare una trattativa nazionale per un contratto di lavoro ed escludere una grande sigla sindacale come la CGIL, la CISL o la UIL dal tavolo. [5]
Non si sorvolerà sulle grottesche motivazioni dell'esclusione ridotte in un primo momento ad una banale assenza di tempo, che però non avrebbe impedito ad alcuni auditi di presentarsi molteplici volte dinanzi alla commissione con cappelli differenti: sembra oggi come autori, domani come editori, dopodomani come sindacati di tutela e cos' via. Su questo, per evitare tragici confronti la commissione, dopo le prime proteste, ha sì divulgato il programma delle audizioni ma non i nomi degli intervenuti né il contenuto degli interventi (cosa si saranno mai detti questi a porte chiuse?)
Al venir meno di questa "scusante temporale" si è poi cercato frettolosamente di rispondere arrampicandosi sugli specchi e confondendo il ruolo di promotore culturale della FSF con quello editoriale e produttivo, ben più calzante ai fini delle audizione. La FSF infatti, oltre alle funzioni di tutela esercitate nell'ampia attività istituzionale presso organismi internazionali (come la partecipazione al processo antitrust contro Microsoft, al WIPO e al WSIS delle Nazioni Unite) è tra l'altro è detentrice del copyright di alcuni dei pezzi più importanti del sistema operativo GNU/Linux, come il compilatore e le librerie fondamentali.
Il documento di "linee guida" scaturito dalle audizioni (http://www.innovazione.gov.it/ita/news/2005/cartellastampa/sanremo/ Linee_Guida.pdf) è un piccolo gioiello di cerchio-bottismo italiota fatto apposta per dare un po' a ciascuno e niente a tutti, dalla poca o nulla sostanza reale, buono giusto per lo spot da propaganda nazional-popolare sul palco di Sanremo, come intervallo tragico tra le macchiette di un "maddechè" e un "mortaccitua" del simpatico Bonolis.
Facile per le tre grandi associazioni del software libero, Assoli, FSF Italia e ILS rifiutare una cooptazione così vuota di contenuti. Strada peraltro già aperta anche dal pesante rifiuto di Altroconsumo, una delle più importanti associazioni dei consumatori italiani.
Nella sostanza anche se nel testo si parla, come estrema concessione, di «pubblico dominio» e di non ben precisate «licenze alternative» "non se ne specifica categoria e natura" -dicono ILS, Assoli e FSF-. Sebbene si faccia riferimento alla «diffusione e sviluppo della cultura italiana» non si include esplicitamente nella tutela anche le opere i cui titolari sono stranieri come spesso avviene nel software libero comunemente distribuito anche in Italia. E, soprattutto, mancano riferimenti minimi di garanzia ed incentivazione per la produzione e la diffusione di opere che non debbano rientrare nell'ambito di applicazione di sistemi pericolosi ed iniqui come il bollino virtuale che di fatto ostacolano la diffusione del materiale rilasciato liberamente. [6]
In effetti il documento, nel particolare del software libero come in tutto il resto in generale, non aggiunge altro che un vacuo contenuto alla vacuità della metodologia impiegata per realizzarlo. Un perfetto risultato per un politico: il nulla rifritto!
Ma se lo strombazzato Patto non reggerebbe ad una analisi semantico-cognitiva senza rivelare altro che la propria nullità contenutistica, il vero capolavoro della commissione è un altro, almeno secondo Interlex che lo ha presentato qualche settimana fa. Se non fosse per lo stellone della Repubblica stampigliato in copertina non pochi considererebbero la hit della commissione solo una innocua brochure pubblicitaria sui sistemi DRM realizzata da qualche azienda a sostegno del proprio sistema anti-copia proprietario. [7]
Un lavoro così sciattamente assemblato da sembrare in effetti null'altro che la giustapposizione di materiale ricevuto dagli uffici marketing dei committenti, di cui qualche volta si sospetta perfino una traduzione dall'inglese tanto letterale da apparire maccheronica, che culmina con una vera perla che, poiché ci riguarda, è d'uopo segnalare anche perchè riassume il senso dell'intero lavoro.
Nel paragrafo sulle "forme alternative di copyright" (pag. 81), dopo aver alluso inopportunamente come contrastante al copyright l'approccio del software libero si può leggere:
"Si è andata affermando negli ultimi anni la filosofia del Copyleft. Il termine (denso gioco di parole intraducibile in italiano) si traduce in diversi tipi di licenze commerciali, la prima delle quali è stata la GPL- GNU Public License ([in nota] La licenza GNU/GPL è stata realizzata dalla Free Software Foundation), nata per tutelare quest'ultimo e impedire che le grandi case di software si impadronissero, privatizzandoli, dei risultati del lavoro di libere comunità di utenti. Il software libero è a «codice-sorgente aperto», il che lo rende potenzialmente controllabile, modificabile e migliorabile dall'utente, da solo o in collaborazione con altri."
E poco più oltre:
"In conclusione il Copyleft è un sistema fondato sulla pubblica diffusione delle opere per fini personali, per cui è consentita la riproduzione, parziale o totale, dell'opera e la sua diffusione per via telematica a uso personale dei lettori, purché non a scopo commerciale. Si descrive di seguito il principale progetto di realizzazione del concetto di Copyleft: Creative Commons."
Ora... Ci saremmo immaginati che, avendo citato per nome la Free Software Foundation un così "serio studioso", che pur per motivi mai chiariti non avesse voluto concedere un incontro vis-a-vis, avrebbe almeno fatto lo sforzo di leggerne il sito su Internet, dove vi è peraltro una vasta quantità di materiale (da cui poter attingere liberamente come ovvio), che è addirittura ottimamente tradotto in italiano (www.gnu.org).
Ma la commissione non l'ha fatto! E quelle due frasi sono una galleria di orrori ed errori dai più piccoli ma mai insignificanti a quelli madornali, e proprio incredibili.
Il tutto condito da una completa improprietà di linguaggio impossibile da accettare trattandosi di una iniziativa con l'obiettivo di realizzare un "serio studio" e soprattutto per la formalità e l'autorevolezza che il simbolo della Repubblica Italiana riportato in epigrafe avrebbe dovuto conferirgli. Viene da chiedersi con quale senso di responsabilità istituzionale si sia condotto tale lavoro!
Ma analizziamone il contenuto.
Innanzitutto il copyleft non è una filosofia ma una semplice condizione contrattuale iscritta all'interno della GNU General Public License e in molte altre licenze di software libero che impone a chi ridistribuisce software di mantenere intatte le condizioni contrattuali ricevute: niente filosofia, è una cosa molto pratica. [8]
La parola "Copyleft" (perché la maiuscola?!?) non è intraducibile in italiano perchè, come riportato sulle pagine della Free Software Foundation, sono ormai dieci anni che è comune la corrente traduzione con 'permesso d'autore' (proposta da Francesco Potortì, fondatore di Assoli e contributore di GNU Emacs), di conseguenza non c'è nulla di denso nel gioco di parole, che rimane buono per spiriti deboli e un po' gnucchi. [9]
La licenza GPL che è acronimo di GNU *General* Public License, e non come superficialmente riportato GNU Public License, non nasce per impedire la "privatizzazione" dei software libero, perchè invece lo permette esplicitamente (è infatti possibile utilizzare il software libero anche modificato all'interno di una organizzazioni o una azienda senza necessariamente dover ridistribuire le modifiche, quindi rendendolo in un certo senso "privato"). La GPL invece ha la propria ragione principale di esistenza nell'impedire la sottrazione dei diritti economici spettanti all'utente, così come gli vengono devoluti esplicitamente dall'autore originale per tramite della scelta della licenza di software libero. In particolare un autore che sceglie la licenza GPL vuole cedere a noi come utenti proprio quegli stessi diritti di cui l'approccio DRM vuole privarci, di qui il sostanziale contrasto. [10]
Andando avanti... È una scialba visione romantica ed edulcorata quella che considera il software libero solo il risultato del lavoro di libere comunità di utenti, in verità questa grande costruzione è anche impegno sostanziale di numerose aziende, anche multinazionali molto note, in cerca dei propri lecitissimi utili. [11]
Infine il software libero ha una definizione precisa di cui la Commissione riporta solo una visione parziale e orientativa, trascurandone in particolare le rilevanti connotazioni economiche e produttive. Perchè?
Il paragrafo conclusivo è poi un vero capolavoro da guardare da vicino, una vera cupola brunelleschiana d'ignoranza tecnologica, laddove riporta che "il Copyleft è un sistema fondato sulla pubblica diffusione delle opere per fini personali, per cui è consentita la riproduzione, parziale o totale, dell'opera e la sua diffusione per via telematica a uso personale dei lettori, purché non a scopo commerciale". Va senza dire che nulla di questo è vero, parola per parola! [12]
Innanzitutto, come in parte abbiamo già visto, in termini tecnico-legali il copyleft/permesso d'autore è semplicemente la condizione di persistenza delle condizioni liberali del contratto di licenza in caso di ridistribuzione del programma ricevuto. Ma pure volendo intendere il qui pro quo e denominare copyleft quello che è piuttosto il software libero (e anche se questo in realtà può esistere come tale anche in assenza di copyleft), non è proprio possibile sostenere che questi sia fondato sulla necessità di una distribuzione pubblica. È una visione limitata e superficiale poichè può perfettamente esserci scambio privato di beni soggetti a licenze di software libero (con o senza permesso d'autore) senza che per questo vi sia obbligo di pubblica redistribuzione. Anzi, a dirla tutta, tale obbligo di ridistribuzione pubblica configura una condizione esplicita di esclusione dall'ambito di applicabilità delle licenze di software libero.
Per continuare: è falso che i «fini» dell'ambito di applicabilità del software libero, impropriamente chiamato copyleft, siano limitati a quelli «personali», anzi l'esclusione di qualsiasi limitazione ai fini di utilizzo delle opere protette dalle licenze di software libero è condizione essenziale per poter fregiarsi del titolo di software libero o open source.
La limitazione riportata sulla "diffusione per via telematica a uso personale dei lettori" non trova alcun riscontro nelle condizioni di licenza del software libero, e come detto ribadisce il grave errore di imporre un improvvido uso personale..
E poi la limitazione di scopo ("...purchè non a scopo commerciale") è del tutto aliena alle realtà di ogni possibile licenza di software libero, poichè come già detto in questo campo si esclude ogni limitazione dell'utilizzo, e quindi in particolare è impossibile adottando il software libero impedire che questo venga utilizzato per scopi commerciali piuttosto che ad esempio militari piuttosto che ogni altro.
Infine, senza nulla voler levare all'importanza di tale progetto in cui le licenze GPL e LGPL della FSF sono anche parte integrante, considerare le "Creative Commons" il "principale progetto di *realizzazione* del Copyleft" quando esiste il sistema operativo GNU che con Linux sta letteralmente rivoluzionando il mercato dell'informatica con tassi di crescita del 200% annuo è semplicemente un'affermazione *idiota*.
Degna conclusione di tutto il precedente percorso.
Avendo scovato una dozzina di pesanti errori sostanziali (un paio li ho tagliati in questa disamina perchè sarebbe stato troppo complesso e pesante entrare nei dettagli) in soli cinque paragrafi, una media di due virgola quattro bestialità per punto fermo che si può estrapolare come costante anche per il resto del documento, non ci si può trattenere dal pensare che l'estensore materiale di questo documento, e tutti i suoi revisori, su su comprendendo tutta la scala gerarchica che ne ha validato la pubblicazione, non avevano assolutamente alcuna idea di quello di cui scrivevano. Senza possibilità di appello!
Quello che che c'è da chiedersi ora, è perchè, pur avendolo richiesto e essendo stata ampiamente supportata dalla comunità italiana unita, la Free Software Foundation sia stata non solo esclusa dalle audizioni, ma addirittura in fase di redazione del documento sia stata prima citata per poi travisarne completamente la posizione ideale. E perché ci si è intestarditi a negare l'accesso alla FSF pur dovendosi arrampicare sugli specchi per giustificarsi?
Ma soprattutto: quali sono stati i riferimenti a cui la commissione e-Content si è ispirata nello scrivere queste cosacce?
Ovviamente, per fare dell'ironia, come ogni "serio studio" che si rispetti, anche in questo caso come in tanti altri all'interno della brochure, l'estensore non ha inteso riportare nota delle proprie fonti. È un lavoro serio questo! Va dato atto che le note sono, nel presente studio sul DRM, piuttosto intese come utile spazio da riempire con piccoli spot pubblicitari per i prodotti commerciali.
La ricerca delle fonti dell'estensore del documento sul DRM mi ha dato filo da torcere. Tanto estranee ed aliene erano le affermazioni riportate in quel concentrato di banalità che nessuno all'interno del noto mondo del software libero o dell'open source sarebbe mai potuto arrivare ad un tale livello di distorsione e superficialità.
Per la soluzione del problema devo ringraziare la mia predilezione per la cultura popolare rispetto a quella accademica, e i miei interessi musicali un po' alternativi che bé... ogni tanto, come nel caso, tornano utili.
Il riferimento culturale della commissione e-Content non è infatti proveniente dalla Free Software Foundation, a cui pure vengono addebitate nella brochure queste idee, e neppure dal vasto e variegato mondo dell'Open Source, che dice le stesse cose solo con un po' più di attenzione agli aspetti 'marketing' del software, non si trova neppure nei paper accademici e neanche nella comunicazione dall'industria. Niente di tutto questo.
Inutile sperare che il riferimento per sé stesso sia proprio il Ministero dell'Innovazione che pure aveva prodotto una completa relazione sull'open source che, almeno nelle definizioni basilari, era comunemente considerata tutt'altro che disprezzabile. Ad esempio si consideri il seguente estratto irreprensibile:
"Si noti che «open source» e «free software» non sono sinonimi di «gratuito»: un software OS può essere gratuito oppure venduto a pagamento. L'idea di fondo è che quando un utente è entrato in possesso di una copia di un programma libero (che deve necessariamente includere il codice sorgente e non solo l'eseguibile) ha il diritto di utilizzarlo secondo quanto previsto dalla licenza (tipicamente può modificarlo, copiarlo, installarlo, ridistribuirlo ed eventualmente anche rivenderlo). Ovviamente, le licenze OS prevedono vincoli che regolano tale processo. Per esempio, la licenza GPL(General Public Licence) impone che software sviluppato e integrato con software GPL sia anch'esso GPL. " [13]
Si consideri ad esempio la corretta denominazione della GPL, tra l'altro. Sarebbe stato volere troppo che la Commissione e-Content avesse almeno letto quello che la Commissione Open-Source dello stesso Ministero aveva prodotto solo l'anno prima.
Da dove allora la Commissione ha preso le proprie balzane definizioni?
Da "Il Mucchio Selvaggio", bella rivista nata nella controcultura storica del panorama musicale alternativo italiano. [14]
D'altro canto, senza ovviamente riferimento al "Mucchio" di cui, come detto, sono un fan, se mi permettete una battuta innocente... quando il potere pubblico proviene dalla TV, i documenti governativi non possono che venir fuori dai giornaletti.
Per paradossale che possa sembrare in effetti l'intero paragrafo della commissione sembra essere stato preso da lì . E 'preso da lì' significa proprio ribattuto parola per parola ai limiti del plagio con buona pace della correttezza autorale che pretenderebbe in questo caso almeno una citazione della fonte. E meno male che questi vogliono garantire il diritto d'autore!
Per farvi convincere della cosa lo trascrivo anch'io integralmente (è nell'inserto del numero 526 del marzo 2003). Così dice Mucchio Selvaggio:
"«Copyleft» (denso gioco di parole intraducibile in italiano) è una filosofia che si traduce in diversi tipi di licenze commerciali, la prima delle quali è stata la GPL [GNU Public License] del software libero, nata per tutelare quest'ultimo e impedire che qualcuno (Microsoft, per fare un nome a caso) si impadronisse, privatizzandoli, dei risultati del lavoro di libere comunità di utenti (per chi non lo sapesse, il software libero è a «codice-sorgente aperto», il che lo rende potenzialmente controllabile, modificabile e migliorabile dall'utente, da solo o in collaborazione con altri)."
e in seguito:
"In parole povere: io metto il copyright, quindi sono proprietario di quest'opera, dunque approfitto di questo potere per dire che con quest'opera potete farci quello che volete, potete copiarla, diffonderla, modificarla, però non potete impedire a qualcun altro di farlo, cioè non potete appropriarvene e fermarne la circolazione, non potete metterci un copyright a vostra volta, perché ce n'è già uno, appartiene a me, e io vi rompo il culo."
Autore di questo appropriato pezzo di prosa da cui il governo ha preso ispirazione è il compagno Wu Ming 1, del noto collettivo che ha prodotto alcuni dei più interessanti romanzi italiani degli ultimi anni. Viste le tendenze politiche del collettivo non credo saranno contenti di essere considerati gli ispiratori della politica governativa sulla restrizione dei diritti digitali dei cittadini di un governo di destra, ma tant'è! L'articolo è intitolato: "Il copyleft spiegato ai bambini" (e spiegato male, aggiungiamo noi, ma tutto sommato ai bambini mica puoi dirgli tutto, no?). Quindi la Commissione e-Content ha inteso spiegarci il copyleft con le stesse parole con cui il Mucchio Selvaggio l'ha fatto ai bambini, e facendo pure gli stessi identici errori letterali come il caso di GNU Public License.
"E io pago!" direbbe De Filippo. Ma che presa in giro!
Detto per inciso, ispira molta più simpatia e fiducia chi, in mezzo ad un mucchio selvaggio, fa dell'omicidio culturale delle idee fondanti del software libero una delle belle arti, o almeno un bel romanzo, e ne trae occasioni di dibattito e di crescita, comunicandone -male è vero- ma con grande efficacia, almeno il "senso", e che soprattuto non pretende di aver condotto un "serio studio" sull'argomento sprecando copiose risorse pubbliche.
Il Wu Ming che traballa sulle tecnicalità delle licenze software può suscitare tutta la possibile simpatia perchè ha la grandezza tutta umana di confrontarsi con un mondo sofisticato e complesso con quell'entusiasmo tipico del novizio. Che sbaglia e impara, non imponendo i propri errori con la voce di un governo.
Ma chi si pone come il Grand'Ingegnere, il Supremo Tecnocrate di cui Thorstein Veblen avrebbe dovuto esser fiero, che pretende di rappresentare Scienza e Conoscenza, Unto dal Ministro (e Dio sa se non da qualcun'altro), che con tutta la spocchia intellettuale di cui è dotato rifiuta sdegnosamente l'unico aiuto che potrebbe svelargli cose che evidentemente non comprende, non dimostra altro che la propria presunzione e, avendo pure scopiazzato il compito dal simpatico Wu Ming, dimostra tutta la propria ignoranza.
Avevamo suggerito alla commissione di non fidarsi dei 'sentito dire' che valgono poco o niente in questo campo, complesso perchè moderno, e sofisticato perché di natura essenzialmente tecnologica. Avevamo suggerito di invitare la FSF che, aliena dalle tattiche di piccolo cabotaggio che contraddistinguono il panorama editoriale italiano avrebbe potuto fornire un contributo prezioso alla comprensione di Internet e del suo valore abilitante di un mercato moderno.
Oggi siamo però sicuri che l'esclusione della FSF è stata una decisione politica determinata dalla pericolosa contiguità della commissione con il mondo proprietario. Una esclusione che ha avuto pesanti conseguenze sulla costruzione di un modello così poco coerente delle nuovo diritto d'autore digitale. Una esclusione che avrà profonde ricadute sull'accettazione delle politiche di restrizione dei diritti individuali che ad iniziare dal Patto iniziano a prevedersi.
Alla luce di quanto detto si può leggere anche il resto della brochure governativa sul DRM.
Un lavoro floscio, approssimativo, logicamente debole, basato su teorie mai giustificate alla luce dei fatti, assente di ogni riferimento accademico significativo, tecnicamente risibile e spesso arretrato rispetto allo stato dell'arte dell'industria e della ricerca, stranamente omissivo sulle alternative legali e sugli argomenti che contraddirebbero l'ipotesi che impone l'ineluttabilità del DRM, assolutamente alieno alla valutazione dei pesantissimi rischi di non accettazione popolare di molte delle surrettizie imposizioni delle limitazioni delle libertà individuali, prima tra tutte alla proprietà privata, che l'introduzione dei DRM prevede.
La relazione sul DRM è all'uso pratico trascurabile, situandosi a metà tra il catalogo promozionale di prodotti software e il breviario propagandistico talmente partigiano da sembrare scritto sotto dettatura della grande industria dei contenuti multimediali, filoguidata insomma dai soliti noti, i cui materiali marketing sembrano essere stati accettati in modo acritico ed introdotti nel lavoro ministeriale senza porsi il benché minimo problema di verificarne le fonti e, quel che è peggio, l'effettiva rispondenza alla realtà dei fatti così com'è e non come piacerebbe ai committenti che fosse. Alcuni passaggi trasudano solo posizioni ideologiche tese ad imporre l'ineluttabilità dei sistemi DRM.
Un pessimo lavoro, a voler essere condiscendenti. Una vera vergogna nazionale, se realisti.
Di fronte a così consistenti dubbi e a queste chiare falle del documento sul DRM, di fronte al ridicolo di una così importante linea politica definita scopiazzando su chissà quali altri giornaletti, il Ministro dell'Innovazione non può eludere tre semplici e dirette richieste:
- - che venga immediatamente ritirata la pubblicazione online del rapporto sul DRM così pesantemente afflitto dai gravi errori sostanziali solo in parte qui delineati;
- - che si inviti per le vie brevi la Free Software Foundation presso il Ministro dell'Innovazione in modo da procedere ad una revisione ragionata di tutte le notevoli imprecisioni del documento per poterne curare nei più brevi tempi possibili una successiva ri-edizione;
- - che gli organi della Commissione e-Content in seno al Ministero dell'Innovazione traggano le dovute conseguenze non solo dalla qualità del prodotto realizzato ma, e soprattutto, dalla modalità con cui è stato raggiunto tale risultato.
Credo che ciascuno di noi dovrebbe chiedere queste cose ai dirigenti del Ministero, i cui indirizzi email sono pubblicati in chiaro sul sito.
Altrimenti, stando così le cose, se questo "serio studio" deve essere la base di una "seria politica" nel campo della restrizione dei diritti digitali dei cittadini allora c'è da averne paura senza mezzi termini. Come cittadini non si può neppure fare affidamento alla nota incapacità dei governi italiani nel realizzare i propri programmi, perchè l'insieme degli interessi proprietari raccolti alle spalle di questo tema è veramente così formidabile da poter mettere in campo risorse praticamente senza limiti. Grazie ad un governo condiscendente (e in verità anche ad una opposizione inconsistente sui temi tecnologici) in pochi anni L'Italia si è trasformata in un 'progetto pilota' per la drastica riduzione dei diritti individuali nel campo della Società dell'Informazione. La legge Urbani o la pronta conversione della contestatissima Direttiva Europea sul Copyright sono solo gli episodi eclatanti di un sotterraneo lavoro che sembra chiudere, giorno dopo giorno, ogni spazio alle nostre libertà digitali.
Oggi, come mai in precedenza, esiste una crescente coscienza della centralità di questi temi, per garantire ai cittadini una libera partecipazione alla Società dell'Informazione.
In assenza di poteri pubblici equilibrati solo un possente movimento popolare come quello del software libero basato sull'idealismo pragmatico del copyleft e guidato da importanti realtà associative come la Free Software Foundation, può fornire un vero argine per le pericolose restrizioni della libertà promosse dai grandi editori, sostenute dagli intermediatori e messe in atto con la complicità delle burocrazie pubbliche.
Questo è il momento in cui tutte le possibili risorse dei cittadini più attenti, siano esse economiche, o di volontariato personale, o di supporto editoriale e pubblicistico, possono e devono essere impiegate per sostenere questo lavoro. Contribuire è necessario.
Convincersene *più tardi* può significare arrivare *troppo tardi*.
Emmanuele 'exedre' Somma Linux Magazine
(c) 2005 by Emmanuele Somma <esomma@ieee.org>
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La copia letterale e la distribuzione di questo articolo nella sua integrità sono permesse con qualsiasi mezzo, a condizione che questa nota sia sempre riprodotta. Sei vuoi puoi ridistribuire questo articolo nelle discussioni, sui blog o sui siti che frequenti: non equivarrà mai al prime-time di Sanremo riservato ai discografici, burocrazie e grandi editori, ma può rappresentare una importante modalità alternativa. Spread the word (*and* the /free/ software).
Emmanuele 'exedre' Somma <esomma@ieee.org> è un "consumatore e produttore di software libero" che nel 2000 denunciò lo spot televisivo della BSA "Copiare software è reato!" e ne ottenne la condanna e la censura come pubblicità ingannevole e per lo sfruttamento della credulità e della paura. È uno dei più noti animatori della scena Linux in Italia. Ha fondato e dirige Linux Magazine dal 1999.
Materiale aggiuntivo:
RIQUADRO: Cos'è la "Free Software Foundation":
Cos'è la "Free Software Foundation":
La Free Software Foundation, è la più nota ed autorevole organizzazione mondiale non governativa non-profit nel campo della tutela e della promozione del Software Libero, anche noto in campo informatico come Open Source, realizzato attraverso l'uso di specifiche licenze di Copyright per la distribuzione del software che garantiscono, invece di sottrarre, diritti agli utenti.
Per la Free Software Foundation l'accesso al software determina l'inclusione sociale di un cittadino o di una azienda in una moderna società dell'informazione, di conseguenza solo la presenza e la costante tutela della libertà di usare, copiare, modificare e redistribuire il software consente una pari possibilità di partecipazione alla società digitale. La visione del Software Libero consiste nel fornire una solida base per la libertà individuale e collettiva in un mondo digitale, non solo dal punto di vista sociale ed etico ma anche economico e commerciale. Secondo la Free Software Foundation, il Software Libero è una pietra miliare per la libertà, la democrazia, i diritti umani e lo sviluppo economico di una società avanzata.
La Free Software Foundation, nata nel 1984 a seguito della pubblicazione del «Manifesto del Software Libero» da parte di Richard Stallman e delle sue realizzazioni software, è oggi attiva con organizzazioni continentali in Nord America, India ed in Europa dove opera con sezioni territoriali in Germania, Francia, Austria, Svezia e Italia, per supportare il Software Libero in tutti i suoi aspetti, creare consapevolezza su questi temi, rafforzare il sistema politico e legale, ed inoltre sostenere e partecipare allo sviluppo di tecnologie fondamentali.
La Free Software Foundation è fortemente orientata ad esprimere la visione di un'Europa unita nello spirito di cooperazione al di là dei confini nazionali e culturali, per questo sostiene lo sviluppo di progetti multinazionali in campo tecnico come il progetto GNU di un sistema operativo alternativo non proprietario; in campo legale come la realizzazione di un accordo fiduciario di licenza valido in Europa che permette la tutela legale in giudizio per gli sviluppatori di Software Libero, o come la partecipazione quale rappresentante di interessi collettivi nella causa dell'antitrust europeo sulle posizioni dominanti nel mercato dei sistemi operativi, o come la resistenza all'introduzione della brevettazione software o all'estensione del diritto d'autore.
La Free Software Foundation è inoltre impegnata nell'area della promozione culturale con la richiesta di riconoscimento del Software Libero come Patrimonio Culturale Mondiale e la sua registrazione nel «Registro Mondiale della Memoria» da parte dell'UNESCO (che già, autonomamente, ha riconosciuto la condivisione degli stessi valori fondanti di libertà, uguaglianza e fraternità e mantiene un portale di accesso al Software Libero sul proprio sito Internet). Inoltre la Free Software Foundation Europe partecipa come organizzazione non governativa accreditata al World Summit on the Information Society (WSIS) organizzata dal ITU (International Telecommunication Unit) dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per assicurarsi che i principi fondamentali dell'era digitale non siano determinati solo dalle industrie, dai media e dalle organizzazioni governative e che i diritti umani non incontrino limiti surrettizi di natura tecnologica.
Infine l'associazione, inclusa nel novero degli osservatori della World Intellectual Property Organization (WIPO - Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale) delle Nazioni Unite, sostiene la trasformazione di questa agenzia in una World Intellectual Wealth Organization (Organizzazione Mondiale della Ricchezza Intellettuale) per evitare una concezione anti-popolare della Proprietà Intellettuale, che rischia di trasformarsi in una moderna forma di schiavitù popolare.
FIGURA: http://www.ilmucchio.it/copertine/images/cop_526.jpg
DIDASCALIA: Ecco la copertina de "Il Mucchio Selvaggio" che ha contribuito a determinare la politica del governo in tema di restrizioni dei diritti digitali dell'utente. La figura in copertina, in cui un noto cantante sembra prendere a pugni il cliente, è una considerevole coincidenza.
NOTE:
[1] Il Decreto interministeriale di istituzione delle commissione e-Content (http://www.innovazione.gov.it/ita/intervento/normativa/comitati/ commissione_econtent.pdf)
[2] Uno tra i tanti commenti sulle modifiche previste per la Urbani "Modifiche Urbani? Han vinto le major" di Andrea Rossato http://punto-informatico.it/p.asp?i=51329
[3] Un urlo da Parigi: «Siamo tutti pirati» Su Le Nouvel Observateur l'appello, ovviamente online. Tra i firmatari Manu Chao, Khaled e il compositore delle musiche de «Il meraviglioso mondo di Amelie» (http://www.mediazone.info/site/it-IT/ATTUALITA/Attualita/ appellopropirati.html?Page=2)
[4] "e-Content, la Commissione spiega i fatti" (http://punto-informatico.it/p.asp?i=50036)
[5] "Una commissione a senso unico" di Beppe Caravita (http://blogs.it/0100206/categories/community/2004/10/)
[6] "Le associazioni: la Commissione Vigevano prosegua il confronto sull'e-content" (http://mail.fsfeurope.org/pipermail/press-release-it/2005q1/ 000081.html)
[7] "I diritti digitali secondo la commissione Vigevano" (http://www.interlex.it/copyright/vigevano2.htm) "Digital Rights Management" (http://www.innovazione.gov.it/ita/intervento/normativa/pubblicazioni/ digital_rights_management.shtml)
[8] "Permesso d'autore: idealismo pragmatico" di Richard Stallman (http://www.gnu.org/philosophy/pragmatic.it.html)
[9] "Libertà nell'era della parola programmata" di Alessandro Rubini in Il Sole 24 Ore del 7 Ottobre 2004 - inserto @lfa. (http://www.linux.it/GNU/articoli/parola-programmata.shtml)
[10] "Applicare la licenza GNU GPL" (http://www.gnu.org/philosophy/enforcing-gpl.it.html)
[11] "La GPL GNU e il modello americano" (http://www.gnu.org/philosophy/gpl-american-way.it.html)
[12] "Domande poste di frequente sulla GNU GPL" (http://www.gnu.org/licenses/gpl-faq.it.html)
[13] Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie - Commissione Open Source (http://www.innovazione.gov.it/ita/egovernment/infrastrutture/ open_source_indagine.shtml)
[14] Il sito web della rivista "Il Mucchio Selvaggio" (http://www.ilmucchio.it/)
05/03/2005
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