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La società dell’informazione:quali opportunità per le imprese - relazione del dr. G. Riccardi

Relazione del Dr. Giuseppe Riccardi (consigliere AICAI) tenuta durante il convegno "E-business, E-marketplace e e-procurement: strategie e norme per affrontare i mercati digitali",

tenutosi in data 3 marzo 2005 presso Palazzo dei Servizi della Camera di Commercio di Bari

Via E. Mola n. 19 - Bari

 

“Creare uno spazio europeo della conoscenza, potenziare gli investimenti delle  imprese e degli Stati in Ricerca e Sviluppo, rafforzare le interazioni tra istituti di ricerca pubblici e industria, dare priorità alla formazione, migliorare l’eccellenza scientifica attraverso un rafforzamento della concorrenza nel settore della ricerca”.

 

A quattro anni dal lancio della strategia di Lisbona, il Consiglio Europeo di Bruxelles del 25 e 26 marzo 2004 ha ribadito che quegli obiettivi restano validi e che la competitività, l’innovazione e la promozione della cultura imprenditoriale sono condizioni essenziali per l’economia nel suo insieme e particolarmente importanti per le piccole e medie imprese.

 

Per innovazione la Commissione intende la produzione, l’assimilazione e lo sfruttamento con successo delle nuove idee riferite al campo economico-sociale.

 

La R&S diventa l’elemento trainante di una economia basata sulle conoscenze, competitiva e dinamica, solo se è in grado di trasformare tali conoscenze in innovazione tecnologica. Ma accanto all’innovazione derivata dalla R&S, la Commissione suggerisce di prendere in considerazione anche altre accezioni dell’innovazione riferite, per esempio, all’organizzazione, ai modelli commerciali e alla presentazione dei prodotti.

 

In questo quadro, diventa centrale il ruolo dell’innovazione basata sull’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e la definizione di misure d’intervento dirette ad una diffusione dell’ ICT nei processi aziendali.

 

Infatti, l’Information Technology ha ormai acquisito un ruolo di importanza strategica nella creazione di valore economico.

 

Ogni attività che l’impresa svolge al fine di creare valore per il cliente è costituita da una componente fisica (lavoro umano e tecnologia) e una componente relativa all’informazione necessaria per lo svolgimento dell’attività stessa. La componente relativa all’informazione comprende tutte quelle attività relative all’acquisizione, all’elaborazione ed al trasferimento di dati necessari per lo svolgimento di ogni attività all’interno dell’azienda.

 

Fino a metà degli anni ottanta i maggiori progressi tecnologici registrati in ogni settore avevano interessato prevalentemente la componente fisica delle attività dell’impresa: dapprima le macchine si sostituirono al lavoro umano in singoli processi, poi venne la catena di montaggio, fino alle più recenti conquiste tecnologiche.

 

La componente relativa all’informazione non ha registrato progressi della stessa rilevanza se non a partire dalla metà degli anni ottanta, anni nei quali si è verificata una inversione di tendenza.

 

Maggiore velocità di elaborazione e trasferimento dei dati, aumentate capacità di storage degli stessi, avvento di Internet: tutto ciò ha reso l’Information Technology uno strumento a supporto di tutte le attività dell’impresa e ha permesso, attraverso software sempre più evoluti, da un lato, la riorganizzazione di un numero crescente di attività all’interno delle aziende stesse, attraverso l’automazione e l’integrazione di diverse funzioni; dall’altro, ha consentito ad intere aziende di ridisegnare la loro catena del valore, determinando notevoli cambiamenti in diversi settori.

 

Il tessuto imprenditoria le italiano affronta il 2004 in un clima di incertezza, dominato da previsioni contrastanti in materia di crescita economica, da una competizione poderosa e crescente che proviene dall’Estremo Oriente e dal timore che il nostro sistema economico possa ulteriormente risentirne a livello internazionale per via dell’apprezzamento dell’Euro sulle altre monete. Problematiche che si riflettono tanto sui grandi gruppi, quanto sulle aziende di piccole e medie dimensioni, fiore all’occhiello dell’imprenditorialità di casa nostra, impegnate in un difficile quanto fondamentale processo di espansione sui mercati esteri.

 

Alle nuove sfide di questo decennio, le aziende italiane rispondono tuttavia con un cocktail di energia, coraggio imprenditoriale e spinta innovativa che rappresenta, a livello di sistema, un caso di indubbia eccellenza sul piano internazionale.

 

La sfida a cui sono chiamate le imprese è duplice. Da una parte c’è l’esigenza di espandere il loro raggio d’azione all’estero, mentre dall’altra c’è la minaccia di una concorrenza da parte delle economie emergenti, che ragiona e produce con logiche nuove.

 

A questo fenomeno, le aziende italiane stanno reagendo con varie strategie. In sintesi si può affermare che le armi più usate sono la diversificazione del portafoglio prodotti, la concentrazione su nicchie di mercato specifiche, l’investimento sulla ricerca e l’innovazione di processo.

 

Dunque, la strada maestra per le imprese italiane non sta in una corsa alla riduzione dei prezzi di vendita, ma piuttosto nella ricerca dell’eccellenza nella qualità dei prodotti proposti al mercato. Innovare i processi costituisce un passo irrinunciabile a tale fine, perché l’innovazione di processo consente di migliorare la combinazione qualità–processo. Grazie anche alla tecnologia, alla quale le imprese di casa nostra possono accedere con relativa facilità, appartenendo al sistema occidentale, le aziende hanno l’opportunità di rivedere e riprogettare i propri processi interni per ottenere vantaggi competitivi rilevanti.

 

Le sfide a cui sono chiamate le imprese riguardano ugualmente i territori.

 

E’ proprio a livello territoriale che emerge con forza che le tecnologie sono uno strumento a disposizione di buone idee, e la diversità degli approcci regionali alla Società dell’Informazione sono il fertile terreno della società della conoscenza.

 

Un elemento chiave della Società dell’Informazione è la sua pervasività, il suo radicarsi e svilupparsi a livello locale, per poi espandersi, laddove sostenuta da buone politiche di governance a livello globale.

 

I progetti e le buone pratiche della Società dell’informazione proprio perché parcellizzabili possono nascere per soddisfare il bisogno di una collettività, di un’area di un segmento specifico.

 

Per questo motivo la Regione Puglia sta fortemente investendo nella costruzione della società dell’Informazione e sta avviando una organica politica di sostegno alla ricerca ed all’innovazione.

Occorre seguire il suggerimento del grande sociologo spagnolo Manuel Castells, ovvero abbandonare le vecchie e fondamentalmente banali contrapposizioni tra i profeti della tecnologia (techies) e i fautori di un vecchio umanesimo (humies), per comprendere che non ha senso contrapporre il vecchio al nuovo bensì semplicemente è necessario esplorare cosa si aggiunge, in termini di tecnologia, alle opportunità della vita, contesto nel quale le nuove generazioni sono immerse come in una realtà che a loro appartiene a tutto tondo, in modo niente affatto virtuale.

Il punto di partenza, insomma, non può che essere lo studio analitico delle innovazioni tecnologiche per capire la strumentazione del cambiamento, per poi muovere nella direzione di inserire il cambiamento tecnologico all'interno dell'organizzazione sociale e del lavoro, e studiarne gli effetti.

D'altro canto, non va trascurato un aspetto certamente essenziale: i progressi tecnologici, dal microprocessore al wireless, sottintendono una cultura in mutamento, che è proprio la cultura dell'organizzazione sociale intorno a Reti, quella, insomma, che sta cambiando il lavoro, l'impresa, la famiglia, le comunità, i mass media, lo Stato e così via.

Le reti costituiscono, secondo Castells , "la nuova morfologia sociale e ... la diffusione della logica di rete modifica in modo sostanziale l'operare e i risultati dei processi di produzione, esperienza, potere e cultura". Ciò che appare in definitiva è un nuovo sistema sociale a reti globali di capitale, management e informazione, in cui produttività e competitività dipendono dall'accesso al know how tecnologico.

Lo scenario è quello di un sistema sociale altamente dinamico e aperto all'innovazione in cui, contrariamente a quanto potrebbe pensarsi, il lavoro abbonderà più che in qualunque periodo della storia "la diffusione delle tecnologie dell'informazione, pur causando l'obsolescenza di mansioni e l'eliminazione di posti di lavoro non ha indotto, né sembra lo farà nel futuro prossimo, disoccupazione di massa ... le classi lavoratrici si espandono su scala mondiale".

I cittadini, gli imprenditori, i decisori pubblici pugliesi sapranno interpretare un ruolo attivo in questo scenario?

Io sono fortemente convinto che in Puglia sia stata disegnata una adeguata strategia di sviluppo e sia presente un capitale sociale della qualità necessaria per realizzarla.

10/03/2005

 

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