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Internazionalizzazione: L'acronimo è registrabile come marchio?

Caso LIMO
dal sito: http://www.mglobale.it/
L'acronimo, come è noto, è una parola costituita dalle iniziali di altre parole. Le imprese ricorrono sovente all'uso di acronimi quali denominazioni sociali, ditte, marchi ed altri segni distintivi (BNL, FIAT, ENEL, ENI, TIM). Ma a quali condizioni l'acronimo è registrabile come marchio?

Va subito detto che, in linea di principio, l'acronimo rientra tra i segni registrabili come marchio, perlomeno secondo la normativa marchi italiana e comunitaria.
Possono infatti essere registrati come marchio i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, comprese le parole e le lettere, e quindi anche gli acronimi.

Più articolata è invece la questione relativa ai requisiti di registrabilità.
Ci offre l'opportunità di intervenire sul tema la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità Europee, del 20.7.2004, nel caso "LIMO".

I fatti sono i seguenti: due persone depositano una domanda di marchio comunitario presso l'UAMI ad Alicante (Spagna), chiedendo la registrazione della parola "LIMO" per contraddistinguere apparecchiature laser.
L'UAMI rifiuta la registrazione a norma dell'art. 7. n. 1, lett. c del regolamento 40/94 sul marchio comunitario ritenendo che l'acronimo "LIMO" costituisca un'espressione descrittiva dei prodotti (laser) per i quali viene chiesta la registrazione.

Secondo l'UAMI, infatti, la sigla LIMO costituisce l'acronimo di "Laser Intensity Modulation (System)", cioè una sigla che sarebbe percepita dagli utilizzatori del settore come una mera indicazione descrittiva del prodotto, ossia di un sistema che utilizza il laser. A sostegno della propria tesi, l'UAMI cita come esempio l'utilizzo dell'acronimo LIMOS con tale significato in un'enciclopedia di termini dell'elettronica ed in alcune pagine internet.

L'impresa richiedente replica sostenendo che LIMO non è noto al pubblico di riferimento come abbreviazione di "Laser Intensity Modulation (System)" e che solo sporadicamente viene utilizzato con questo significato, mentre è generalmente noto come abbreviativo di "limousines". Prova ne sia che un'autorevole enciclopedia degli acronimi delle scienze e della tecnica non fa menzione dell'acronimo "LIMO" (o LIMOS).

Il Tribunale di primo grado, chiamato a decidere il caso, respinge il ricorso e conferma la decisione dell'UAMI circa la non registrabilità del marchio. Ricorda il Tribunale che l'art. 7. n. 1, lett. c del regolamento 40/94 sul marchio comunitario esclude dalla registrazione «i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio».

La norma persegue una finalità di interesse pubblico poiché intende evitare l'appropriazione in esclusiva come marchio di segni che, invece, devono restare nella libera disponibilità di tutti.
Si tratta quindi di valutare se l'acronimo "LIMO" costituisca o meno un segno descrittivo ai sensi dell'art. 7. n.1, lett. c.

Nel decidere il caso, il Tribunale affronta due questioni, che risultano di particolare interesse per le imprese che intendono tutelare i propri acronimi come marchi:

  • quale è il pubblico di riferimento da prendere in considerazione per valutare l'eventuale carattere descrittivo dell'acronimo?
  • si devono ritenere descrittivi gli acronimi che sono tali anche in uno solo dei loro significati potenziali?

Sulla prima questione, il Tribunale risponde che il pubblico di riferimento è quello al quale si rivolgono i prodotti contrassegnati dal marchio, ossia gli utilizzatori di laser.
Si tratta, secondo il Tribunale, non del consumatore medio, bensì di un pubblico specializzato, che sarebbe pertanto in grado di percepire l'acronimo "LIMO" nel suo significato descrittivo di Laser Intensity Modulation (System).

In altre parole, un acronimo che per un consumatore medio può non avere alcun significato, può ben averlo invece per un pubblico specializzato, con evidenti conseguenze in merito alla sua registrabilità.
Si può quindi concludere sotto questo profilo che, in pratica, la tutela degli acronimi come marchio sarà più agevole per le imprese che trattano prodotti di largo consumo rivolti ad un pubblico generico, piuttosto che per quelle che trattano prodotti specializzati indirizzati ad un pubblico di professionisti.

Sulla seconda questione, il Tribunale precisa che non rileva il fatto che l'acronimo possa essere utilizzato con diversi significati, come ad esempio "limousines" nel caso di "LIMO(S)", essendo sufficiente per incorrere nel divieto di registrabilità che designi, anche in uno solo dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti contrassegnati con il marchio.

Quindi, le imprese che intendono depositare un marchio consistente in un acronimo dovranno domandarsi, caso per caso, se per il pubblico di riferimento l'acronimo possa essere inteso, anche solo in uno dei suoi significati potenziali, come descrittivo dei prodotti o delle loro caratteristiche.

Si noti infine che, nonostante il carattere descrittivo, l'acronimo potrebbe comunque essere registrabile come marchio a norma dell'art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, qualora esso abbia acquisito, per i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all'uso e alla notorietà conseguita tra il pubblico di riferimento (c.d. secondary meaning).

Claudio Costa
Consulente Centro Estero Lombardia

15/04/2005

 

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