venerdì, 22 novembre 2024
Cerca  
 Digitalizzazione
 Internazionalizzazione
 Approfondimenti
 Links
 Eventi
 Newsletter 
 Formazione 
 Servizi 
 Contatti 
 Utilità 
 Archivio News 
 
 

Processo telematico: prima parte di un’analisi dell’informatizzazione delle pratiche giudiziarie

dal sito www.diritto.net

Processo telematico: prima parte di un’analisi dell’informatizzazione delle pratiche giudiziarie

dr.ssa Simona Carmenati

   

E’ presentato come un “elemento chiave della strategia di innovazione del sistema giudiziario italiano”. Consentirà l’esecuzione on-line, 24h/24h, delle operazioni di cancelleria: deposito di atti, trasmissioni di comunicazioni e notifiche, consultazione dello stato dei procedimenti, dei registri, dei fascicoli e della giurisprudenza...

E’ presentato come un “elemento chiave della strategia di innovazione del sistema giudiziario italiano”. Consentirà l’esecuzione on-line, 24h/24h, delle operazioni di cancelleria: deposito di atti, trasmissioni di comunicazioni e notifiche, consultazione dello stato dei procedimenti, dei registri, dei fascicoli e della giurisprudenza. Permetterà un significativo accorciamento dei procedimenti: secondo il Ministero della giustizia, una riduzione della durata del processo civile fino 6 mesi, grazie all'eliminazione dei tempi di "attraversamento"; un’accelerazione delle cause di almeno il 20%; il recupero 30-40% di efficienza nei servizi di cancelleria; una ottimizzazione dell'utilizzo del personale; la razionalizzazione e accelerazione dei tempi di notifica, con una riduzione media di 10 giorni per notifica; miglioramento della reperibilità di tutti gli eventi relativi a una causa e degli atti a essa associati, con indiretti benefici sui tempi del processo stimabili in circa 5 mesi; la semplificazione nell’organizzazione degli archivi e risparmio dei costi di conservazione del materiale cartaceo; una significativa diminuzione o eliminazione delle cause "esplorative"; l’aumento della cooperazione tra uffici giudiziari e attori esterni e all’interno dello stesso ufficio.

Si tratta della telematizzazione del processo, previsto per ora per il processo civile ai sensi del DPR n° 123/2001.
Ministero della Giustizia, Comitato di progetto “Processo civile telematico”, società IT hanno fissato per il periodo 2004-2006 importanti traguardi per la razionalizzazione e semplificazione delle procedure giudiziare attraverso la Rete. Una prima fase di collaudo è datata maggio 2004, altre scadenze sono attese entro la fine del 2005.

Iniziamo ad affrontare l’argomento insieme all’avv. Andrea Lisi (*), coordinatore – attraverso l’associazione SCiNT, Centro Studi per l’innovazione tecnologica e l’internazionalizzazione d’impresa - di un polo di attività volte alla condivisione di conoscenze, all’aggiornamento e alla lettura critica dei fenomeni giuridici e dei loro cambiamenti in un contesto “globale e virtuale”.

Avv. Lisi, a che punto siamo nei lavori per la telematizzazione delle pratiche processuali?

Bella domanda per la quale è difficile trovare una adeguata risposta. E, in verità, le risposte sono difficili per qualsiasi quesito in merito all’attuale processo normativo italiano  verso la digitalizzazione dell’agire amministrativo e privato.

Oggi l’Italia è certamente all’avanguardia dal punto di vista formale-legislativo su tutte queste tematiche, sia in merito alla formazione e validità del documento informatico e alla sua sottoscrizione elettronica, sia in merito alla sua trasmissione e alla sua archiviazione e conservazione digitale, fino ad arrivare alla avveniristica fatturazione elettronica, alla accessibilità dei siti web per i disabili e al sistema pubblico di connettività, alla privacy e sicurezza informatica.

Il processo di digitalizzazione dell’agire amministrativo avviato con il D.Lgs. 12 febbraio 1993, n. 39 (relativo ai sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche) e fondato sui principi di validità e rilevanza del documento informatico ha trovato piena conferma e legittimazione dapprima nel D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513 (Regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma dell'articolo 15, comma 2, della L. 15 marzo 1997, n. 59), poi nel D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, successivamente modificato in recepimento della direttiva 1999/93/CE), quindi, oggi, nel Codice della amministrazione digitale (Decreto legislativo 5 marzo 2005, n. 82). Oggi il documento formato digitalmente, a prescindere dal supporto che lo contiene, è valido e rilevante dal punto di vista giuridico e formale. A quel documento vengono assicurate le funzioni di paternità, immodificabilità e non ripudiabilità attraverso la firma digitale e, cioè, attraverso processi informatici certamente più sicuri rispetto al suo predecessore cartaceo.

Quello stesso documento oggi può essere trasmesso attraverso il sistema di posta elettronica certificata che ne assicura (o meglio ne certifica legalmente) l’avvenuto invio e ricevimento (DPR 11/2/2005 n. 68).

E, infine, quel medesimo documento può essere archiviato e conservato digitalmente, perché pur mantenendo la sua “immaterialità”, a esso può essere garantita una sopravvivenza e conservazione nel tempo, con una sicurezza certamente maggiore rispetto al suo equivalente cartaceo e alle “misure di sicurezza reali”.

La legge non ha fatto altro che regolamentare un processo tecnologico inevitabile: il legislatore italiano, anzi, ha precorso i tempi, segnando il passo a un futuro digitale non ancora sviluppatosi del tutto nella prassi. Oggi il problema del passaggio epocale dalla carta al bit è così rimasto solo (o quasi totalmente) culturale.

Può essere utile in proposito ricordare che la prima legislazione che si è posta il delicato problema di risolvere le tante, annose problematiche relative alla difficile e ingombrante conservazione cartacea dei documenti dal punto di vista amministrativo-civile-contabile si può far risalire addirittura agli anni ‘60, quando una legge del 4 gennaio 1968 n. 15, nel suo art. 25, già prevedeva che “le pubbliche amministrazioni ed i  privati hanno facoltà di sostituire, a tutti gli effetti, ai documenti dei propri archivi, alle scritture contabili, alla corrispondenza ed agli altri atti di cui per legge o regolamento è prescritta la conservazione, la corrispondente riproduzione fotografica, anche se costituita da fotogramma negativo”.

Ovviamente l’avvento dell’internet e dell’informatica era lontano, ma già i moderni sistemi tecnologici di allora aspiravano a sostituire il vecchio cartaceo nella gestione e conservazione dei documenti. Si è arrivati, così, alla fondamentale Legge del 23 dicembre 1993 n. 537, la quale nell’art. 2 comma 15 già affermava che “gli obblighi di conservazione e di esibizione di documenti per finalità amministrative e probatorie, previsti dalla legislazione vigente, si intendono soddisfatti anche se realizzati mediante supporto ottico purché le procedure utilizzate siano conformi a regole tecniche dettate dall’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione, di cui al decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39”. E, infatti, con la successiva Legge 1994 n. 489 è stato inserito il comma terzo dell’art. 2220 c.c. che ancora, nella sua attuale formulazione, recita: “le scritture e i documenti di cui al presente articolo possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini, sempreché le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti”. Pertanto la normativa del 1994, se da una parte rendeva già possibile, in quegli anni, la “sostituzione informatizzata” ai fini civilistici e contabili, dall’altra rinviava a un successivo decreto del Ministro delle Finanze la determinazione delle modalità per la conservazione su supporti di immagini delle scritture e dei documenti rilevanti ai fini tributari; decreto che si è fatto attendere anche troppo e che è arrivato soltanto il 23 gennaio 2004! Deliberazioni e circolari CNIPA hanno così potuto specificare nel tempo il processo di digitalizzazione dal punto di vista tecnico-informatico, ma il ciclo si è ormai chiuso, dal punto di vista normativo può definirsi maturo ed è solo qualche sfumatura che deve essere ulteriormente completata. Addirittura oggi è anche possibile digitalizzare i processi di fatturazione ed emettere e conservare fatture elettroniche (D. Lgs. n. 52 del 2004 - di attuazione della direttiva 2001/115/CE, in tema di fatturazione elettronica).

Le norme sul processo telematico fanno, quindi, parte di questo processo normativo che ci fa sicuramente essere primi in Europa e nel Mondo (solo) sotto questo punto di vista.

Dall’emanazione del Decreto del Ministero della Giustizia del 13 febbraio 2001, n. 123 (Regolamento sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo innanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti - Gazz. Uff. 17/04/2001 n. 89) si è atteso il solito, necessario tempo per le regolamentazioni tecniche contenute nel D.M.G. del 14 ottobre 2004 (Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile - GU n. 272 del 19.11.2004 - S.O. n. 167). Anche per il processo telematico i tempi sono dal punto di vista normativo assolutamente maturi, perché non sono certamente le inevitabili antinomie e contraddizioni tra tutte queste normative tecniche che si sono caoticamente accavallate nel tempo ad aver determinato la paralisi che si vive nella prassi di questo periodo. E infatti da una parte procede il legislatore con norme tecnicamente sempre più complesse e specifiche per il mercato digitale, per la prassi amministrativa informatizzata, per il processo telematico, dall’altra c’è l’imbarazzante immobilismo della prassi, del mondo reale.

Oggi se pure c’è qualche isolato caso d’eccellenza, nelle pubbliche amministrazioni, in qualche Tribunale utilizzato come “sede pilota” nell’implementazione delle norme sul processo telematico, il resto è fatto di fascicoli (cartacei) depositati nei corridoi di stanze al limite della capienza e di avvocati che si lamentano delle “norme sulla privacy” e per questo preferiscono rinunciare a internet e alla telematica (in proposito si consiglia la lettura de “L’incredibile proposta ‘ammazza privacy’ per gli avvocati” alla pagina http://www.altalex.com/index.php?idnot=9803! [nda]).

E questa sensazione mi è stata confermata anche durante una chiacchierata di qualche giorno fa con il collega Massimo Melica, Componente del Comitato di Progetto per il processo telematico presso il Ministero della Giustizia, il quale sconsolatamente non ha potuto fare altro che sottolinearmi quanto ancora i tempi dell’informatizzazione dell’apparato di giustizia siano lunghi.

Pertanto, per cercare di rispondere alla domanda postami, la situazione è ancora in un limbo generato da (troppe) normative evolute (e forse ancora rigide e tra loro poco coordinate) e da un mondo che ancora preferisce governarsi con ciò che conosce meglio, il cartaceo.


E quando Lei stima che il processo di informatizzazione, oltre che predisposto a livello istituzionale, possa considerarsi concluso nel senso di ordinariamente fruito?

E’ impossibile rispondere con certezza a questa domanda. Faccio un esempio: secondo la normativa in vigore sul documento informatico e secondo gli stessi dati sulle vendite di milioni di smart card di firma digitale, noi dovremmo essere primi in Europa e nel mondo in quanto all’utilizzo concreto di questo strumento… eppure il dato normativo e il dato sulla diffusione si scontrano inevitabilmente con l’utilizzo dello strumento che è pressocchè a tutt’oggi nullo!

Ciò è dovuto al fatto che non si è fatto precedere il processo normativo da una capillare alfabetizzazione informatica. Oggi l’avvocato che non abbia approfondito con curiosità e passione i temi dell’informatica giuridica, avverte inevitabilmente un senso di fastidio per la tematica privacy, un disinteresse per le tematiche del processo telematico, non sa bene cosa è una firma digitale, si collega a internet più per gioco che per passione e avverte un senso di smarrimento, anzi una vertigine verso il progresso tecnologico che non conosce e, quindi, non governa (utile in proposito la lettura dell’editoriale al numero 3 della Rivista di Diritto, Economia e Gestione delle Nuove Tecnologie, Nyberg Editore, pubblicato alla pagina http://www.nybergedizioni.it/rdegnt/redirect2.asp?IDweb=3  [nda]).

Oggi non si può pensare di implementare presso i nostri tribunali e presso i nostri studi legali il processo telematico senza parlare con cognizione di causa di e-mail certificate, di firma digitale, di conservazione sicura del documento, di procedure di back up etc. etc. Nell’evoluzione della società dell’informazione diritto e tecnologia si intrecciano e per essere al passo con i tempi il giurista dovrebbe aggiornarsi e dovrebbe soprattutto essere aiutato ad alfabetizzarsi. Non si può, solo per fare un esempio, continuare a confondere il dovere deontologico alla riservatezza con i doveri di protezione dei dati personali derivanti dal Dl.Lgs. 196/2003 e dal suo allegato B (dedicato alle misure minime di sicurezza), come si sta facendo in questo periodo a causa di una scarsa conoscenza di queste tematiche.

Al momento vedo in giro ancora troppa confusione.

Non mi stupirei se durante un piccolo sondaggio dedicato alla conoscenza del processo telematico da parte degli avvocati uscissero fuori risultati esilaranti: tipo che la metà degli avvocati sia ancora oggi convinto che il processo telematico sia un giudice virtuale o qualcosa del genere! Sarebbe utile che il Circolo dei Giuristi Telematici (www.giuristitelematici.it)  come in passato ha fatto riproponesse un sondaggio/censimento ancora più accurato sul livello di alfabetizzazione degli avvocati italiani per far percepire al legislatore la situazione attuale (si fa riferimento al Censimento del livello di alfabetizzazione informatica dei legali promosso dal Circolo dei Giuristi Telematici e coordinato dall’avv. Fabio Tommasi (info http://www.studiotommasi.it/censimento/default.htm) [nda]).

Ma la situazione attuale non è ovviamente imputabile a una singola persona, alla categoria degli avvocati o al Consiglio nazionale forense. Il processo tecnologico ha compiuto dei passi da gigante in pochissimi anni ed è difficile riuscire ad aggiornarsi in un groviglio di norme molto tecniche e in continuo mutamento, se non si ha la curiosità dell’informatico e la passione per la materia del diritto delle nuove tecnologie! E non si può certo pretendere questo dall’intera categoria degli avvocati!

E allora è un dovere per chi ci governa prepararci, formarci, alfabetizzarci, prima di imporci l’adeguamento a normative che al momento ai più sembrano incomporensibli.

E, infatti, un paio di norme contenute nel Codice della amministrazione digitale mi fanno essere moderatamente ottimista e, cioè, l’art. 13 (dedicato alla formazione dei dipendenti pubblici) e soprattutto l’art. 8 (dedicato alla alfabetizzazione informatica dei cittadini).

Insomma, le norme sul processo telematico, sulla privacy, sulla firma digitale, sulla pec non possono avere oggi la forza di imporsi autonomamente o attraverso un paio di sanzioni, ma devono essere spiegate, anticipate da un processo di alfabetizzazione, quindi plasmate nella prassi. Il legislatore in questo periodo sotto certi aspetti sembra voler anticipare la prassi, invece di aspettare che essa si formi per regolamentarla.
“Le generazioni che verranno avranno da sistemare tutta la legislazione speciale e quella generale che è nata sotto il segno dei tempi nuovi…; conseguiranno risultati diversi da quelli ai quali noi siamo non solo abituati, ma anche affezionati. Ma a condizione di avere fede nella scienza e nei principi della logica” (Salvatore Pugliatti). Possiamo dire quindi che siamo ancora in una fase di passaggio e c’è ancora tanto da lavorare, soprattutto da parte dei giuristi che sono poco avvezzi a confrontarsi con la tecnologia e le sue potenzialità.


Lei gestisce il portale per l'internazionalizzazione “scint“ che ha come obiettivo “creare uno spazio di studio e di analisi dei fenomeni giuridico-economici che si sviluppano in un contesto moderno in rapida evoluzione”. Secondo lei, il processo civile telematico è più propriamente rivoluzione tecnologica oppure culturale?

Di per sé il processo civile telematico rispetto a quello che già c’è nel “mondo informatizzato” non è nulla di rivoluzionario. Oggi si parla di software intelligenti in grado di guidare trattative e arbitrati, di digitale terrestre nell’agire amministrativo, di forme di mediation sviluppate in chat line da arbitri virtuali (già esiste, per esempio, il servizio di conciliazione on line della CCIAA di Milano (info: www.risolvionline.it) [nda]), di scambi di dati a livello internazionale e della loro archiviazione in server dislocati in tutto il mondo per esigenze di disaster recovery e così via. Alla fin fine, non stiamo di certo parlando di un nuovo sistema processuale, ovvero, di nuove regole atte a stravolgere attraverso lo strumento digitale le varie fasi del processo come previste dal codice di rito attualmente in vigore. In realtà, il "processo telematico" altro non è se non la possibilità data alle parti, al giudice e alla cancelleria di formare, comunicare e notificare gli atti processuali mediante documenti informatici, servendosi degli strumenti della firma digitale e dell’indirizzo elettronico. Concetti non certamente rivoluzionari e presenti da tempo nelle nostre normative! E ancor meno rivoluzionario è Polis web (che viene spesso disegnato come una grande novità a chi conosce poco l’informatica giuridica). Polis web, pur strumento molto utile, ha ben poco di rivoluzionario (e nonostante ciò è purtroppo ancora oggi poco diffuso nei nostri Tribunali) e non è altro che una banca dati consultabile in remoto dei registri di cancelleria! Nulla di difficile, nulla di complicato, che ancora non è presente in tutti i tribunali italiani! Per degli approfondimenti su queste tematiche consiglio di visitare l’ottimo sito del collega Franco Zumerle www.processotelematico.it.

In ogni caso, per rispondere alla domanda, il processo telematico e tutte le “rivoluzioni legislative” di quest’ultimo periodo non possono prescindere da una rivoluzione culturale e sociologica che è in atto, ma che è ancora indietro rispetto a tutte le normative che andiamo commentando in questi anni; normative che sono piuttosto “cervellotiche” perché frutto di difficili integrazioni ingegneristico-informatiche e giuridiche. Occorre anche riferire che spesso le finalità di un giurista non coincidono con le certezze dell’ingegnere informatico: all’uno interessa (o dovrebbe interessare) l’astrazione e la perfezione formale (conseguita attraverso una lucida analisi della prassi) all’altro interessa costruire una (nuova) prassi che migliori la realtà concreta. Menti così diverse in questi anni sono state costrette a confrontarsi su singole norme e i risultati non sempre sono stati esaltanti.

Alla base di tutti i “processi telematici”, ci deve essere il lungimirante tentativo di saper leggere i nuovi segni (digitali) lasciati dal linguaggio che si evolve, dove “il flusso degli elettroni nel computer è il nuovo inchiostro, i bit il nuovo alfabeto e la memoria della macchina la nuova carta” (Renato Borruso). È, quindi, una scommessa “non solo tecnologica, ma soprattutto organizzativa e culturale. Impone il cambio di mentalità da parte di coloro (e sono ancora tanti) che non riescono a concepire il <> se non come <>, la <> se non come <>, la <> se non come <> (Floretta Rolleri).


Qual è stato il risultato concreto più recente in tema di telematizzazione del processo civile?


Ricorderei volentieri la sperimentazione sui decreti ingiuntivi avviata presso il Tribunale di Bologna, che coinvolge 20 avvocati, 11 cancellieri e 15 magistrati.

Ed è datata 28.12.2005 la pubblicazione n.301 in G.U. del d.m. 15/12/2005, "strutturazione dei modelli DTD - Document Type Definition - relativa all'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile", provvedimento che si inserisce come un tassello importante nelle regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile (art.62 d.m. 14/10/2004).


Quali a suo avviso le potenzialità e quali i punti deboli del processo?


Sintetizzerei da quanto ho espresso ora: al momento le potenzialità sono tantissime e tutte da scoprire; purtroppo ancora le leggi, per se pronte da tempo, non sono state precedute da una prassi, da un processo di alfabetizzazione diffuso e comunque sono leggi ancora perfettibili (pur se complete per molti aspetti); ma soprattutto, molte, troppe volte ci sono antinomie tra varie leggi che potrebbero/dovrebbero procedere in parallelo. Ostinatamente si continua a legiferare in materia di sicurezza informatica, di gestione documentale, di informatizzazione dell’agire amministrativo in maniera scordinata tra ministeri, senza seguire un iter logico e senza aver ben presente la normativa più generale.

Per fare uno dei numerosi esempi l'art. 16 del DPR 68/2005 (sulla posta elettronica certificata) precisa che le disposizioni del regolamento non si applicano all'uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo penale, nel processo amministrativo, nel processo tributario e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, per i quali restano ferme le specifiche disposizioni normative. Eppure la PEC sarebbe utilissima come strumento di comunicazione nell’implementazione del processo civile telematico. E invece tutto viene rinviato a ulteriori regolamentazioni tecniche che rischiano di creare ulteriori confusioni e antinomie nel sistema.


Quali le prossime frontiere dell’informatizzazione del diritto?

Piuttosto che fare i visionari (pur se è utile farlo se ci si vuole occupare di diritto dell’informatica), in questo caso, è più utile rimanere con i piedi per terra e iniziare a sfruttare a pieno regime le potenzialità che sono già offerte dagli strumenti info-telematici nella generazione di banche dati, nello scambio dei documenti, nella creazione di fascicoli informatici, tutte cose che la legislazione già prevede da tempo, ma che ancora costituiscono una chimera, perché sono gli stessi avvocati a frenare un cambiamento che non conoscono e che per questo non comprendono. Eppure, la scelta fra l’essere o meno consumatori di tecnologia sarà sempre meno libera o opzionale: è ormai indispensabile usare la tecnologia, per non essere scavalcati da essa. E appare chiaro, pertanto, che chi non investirà nell’immediato futuro in sviluppo tecnologico, con tutta probabilità, si troverà a percorrere una via di declino non solo economico, ma anche sociale e culturale.

Questa scommessa, quindi, riguarda tutti noi, e prima di tutto chi ci governa dall’alto. Abbiamo un cavallo in corsa da prendere al volo e ci serve una sella solida e delle redini a cui aggrapparci… quelle redini sono l’abc dell’informatica che nessuno ancora ci ha fornito!


Simona Carmenati


(*) L’avv. Andrea Lisi è titolare dello “STUDIO ASSOCIATO D.&L. -Development&Law” (www.studiodl.it), consulenza aziendale e legale per l’e-business e l’international trade. Egli è fondatore del Centro Studi&Ricerche Scint e curatore del portale per l’internazionalizzazione e l’ict  www.scint.it. È Direttore editoriale della “Rivista di Diritto Economia e Gestione delle Nuove Tecnologie”, Nyberg Editore, Milano ed è Direttore della Collana “Diritto, Economia della Società dell’Informazione”, Cierre Edizioni, Roma. È membro nel Comitato Scientifico di varie riviste giuridiche telematiche ed autore di diversi volumi e numerose pubblicazioni in materia di diritto delle nuove tecnologie. È stato , inoltre, docente in master dedicati al diritto dell’informatica, presso l’università di Lecce, Padova e Messina e fa parte del Comitato Scientifico del Master in Diritto dell’Informatica e dell’Informazione dell’Università di Messina. Egli è, infine, direttore scientifico del corso post lauream di alta formazione in “Commercio elettronico & internazionale” organizzato da Scint in collaborazione con Ed. Simone e Ipsoa, con il patrocinio del Ministero attività produttive e Ice. Collabora in tutta Italia con università, enti camerali, centri di ricerca, primarie società fornendo progettazione, assistenza e consulenza legale nell’e-business internazionale, nella privacy , nei servizi di archiviazione ottica/fatturazione elettronica e nel diritto delle nuove tecnologie, in genere.


 

02/02/2006

 

© copyright 2001-2024 - Scint Lecce - Tutti i diritti riservati
 
Questo sito non rappresenta una testata giornalistica, infatti esso è espressione di un Centro Studi (Associazione senza fini di lucro denominata "SCINT") e viene aggiornato senza alcuna periodicità, esclusivamente sulla base della disponibilità del materiale.
Il sito è curato e coordinato dallo Studio Associato D.&L., di Lecce.